Yuri Temirkanov, la Filarmonica di San Pietroburgo e Salvatore Accardo insieme per un concerto straordinario. Accade a Santa Cecilia e con un programma interamente e rigorosamente firmato Cajkovskij, il celeberrimo Concerto per violino e orchestra (dedicato al virtuoso Leopold Auer, ma eseguito per la prima volta da Adolph Brodsky e rilanciato recentemente anche al cinema con la commovente pellicola Il concerto di Radu Mihaileanu dove la partitura diventava il simbolo della dignità e del riscatto) e la meno celebre Suite n.3, una piccola perla da riscoprire. Accademico onorario e ospite a Santa Cecilia fin dal 1979, Temirkanov viene accolto sempre con affetto a Roma e non fa eccezione neppure stavolta, ospite con la “sua” Orchestra, la Filarmonica di San Pietroburgo (di cui è direttore artistico da più di venti anni), la formazione sinfonica più antica di Russia, fondata nel lontano 1882 per volontà dello zar Alessandro III. Ora che Ciajkovskij fosse nel dna dell’Orchestra è quasi ovvio, ma diventa lampante ascoltandone l’esecuzione illuminata dalla presenza del fuoriclasse Salvatore Accardo. Apre la serata, il sublime Concerto per violino e orchestra, accolto quasi in religioso silenzio dove spicca la classe tutta italiana di Accardo, che illumina la partitura in tutta la sua inconfondibile dolcezza fra l’entusiasmante freschezza e la tenera armonia del primo movimento con rara intensità e virtuosismo mai ostentato. Temirkanov dirige senza bacchetta e con le sole mani la sua illustre Orchestra e asseconda il solista con tempi quasi lenti, mai urlati e quasi analitici al punto tale che si sente davvero ogni singolo strumento nell’organico. L’intensità dell’esecuzione sembra non voler indugiare troppo sui temi languidi quasi cercando di stemperarne i passaggi più struggenti e lirici, ma senza intaccarne l’inconfondibile dolcezza. L’Andante lascia malinconicamente meditare almeno per un attimo per scivolare repentinamente nel terzo movimento senza interruzione. Accardo diventa ancora protagonista assoluto e amplifica con intensità il Finale, in un crescendo vivacissimo di ritmo e volume, sempre misurato e in costante controtempo anche nei passaggi più impervi e nelle scale più virtuosistiche. L’Orchestra ora è turbinosa come se corresse velocemente verso l’apoteosi finale inseguendo il violino. Nonostante la Suite n.3 (1884) non sia la più famosa delle composizioni di Cajkovskij, potrebbe essere forse considerata la “sorpresa” della serata, con il suadente violino solista di Lev Klychkov e l’invidiabile elasticità della Filarmonica. L’incipit è assolutamente ricco di grazia, poi si accende di mesta malinconia ed esplode nell’accecante vivacità dello scherzo fino all’ultimo movimento, Tema con variazioni che ha ispirato George Balanchine per la sua coreografia creata appositamente per l’American Ballet Theatre nel 1947. Il ritmo ora si fa colorato e impetuoso, guadagna forza e incalza in un crescendo vorticoso fra un’appassionata gamma espressiva di coloriture fino alla brillantissima colorata Polacca. Fra gli applausi Temirkanov sembra ben disposto ad allietare il pubblico con due bis il primo dei quali è il giocoso e ironico Passo a 4 dal secondo atto de Il Lago dei Cigni.