Gran finale a Santa Cecilia con Stefano Bollani e Daniel Harding sul podio con un programma che spazia da Ravel a Strauss (Richard) per l’ultimo appuntamento della stagione sinfonica. L’attesa però si consuma tutta per Bollani, indiscussa star della serata, poliedrica e trasversale stella del jazz, grande interprete di Gershwin che si (ri)avvicina al repertorio classico con il Concerto in sol di Ravel (inciso anche nell’ultimo disco Sounds of 30’ con Riccardo Chailly) lieve e spumeggiante e non a caso ricco di sonorità jazz. Bollani, ospite abituale a Santa Cecilia, look insolito e disinvolto, accolto fra gli applausi, vanta un’estrosità creativa che ben si adatta al colore di Ravel, seppur sempre rispettosamente e adeguatamente. Incipit del repentino colpo di frusta e poi Bollani gigioneggia nella profusione di note con gaiezza e luminosità quasi folkloristica, s’inerpica nei rocamboleschi passaggi della partitura, è essenziale e tenero, ma rispettoso nell’Adagio e quasi impertinente, zampillante nel Presto mantenendo sempre un serrato dialogo con Harding e con l’Orchestra. Calorosi applausi per Bollani che torna sul palco per ben due bis, riappropriandosi totalmente della sua vena jazz e della sua libertà. In apertura di serata Also sprach Zarathustra, ispirato al testo di Nietzsche sul Superuomo, uno dei vertici dei poemi sinfonici di Strauss già reso immortale da Kubrick in 2001: Odissea nello spazio. Harding (che torna sul podio di Santa Cecilia dopo sette anni) titaneggia con l’Orchestra in un’esecuzione quasi barbara, in bilico costante fra tensione ed emotività. Molto apprezzata la seconda Suite di Daphnis et Chloé (collaborazione di Ravel ai balletti russi di Diaghilev) che Harding dipinge con esaltante e coloratissima strumentazione fino all’intervento grandioso e crescente del Coro. Degna chiusura di una stagione di altissimo livello, in attesa dell’inaugurazione della stagione estiva che si apre con il Lang Lang Fest (dal 19 al 22 giugno).