Lo spettacolo è una coproduzione tra Fondazione Istituto Dramma Popolare, Tieffe Teatro, Proxima Res, Fondazione Paolo VI per il Sacro Monte di Varese – Tra Sacro e Sacromonte
1976. Lo scoppio di un reattore dell’Icmesa provoca la fuoriuscita di una nube di diossina (una tra le sostanze tossiche più pericolose) che contamina il territorio di Seveso e obbliga l’abbattimento degli animali e l’immediata delocalizzazione degli abitanti in alberghi dell’hinterland milanese. Il primo problema si pose sull’’effetto che avrebbe avuto la diossina sul feto dei nascituri. La gravità e probabilità del rischio indusse l’allora governo Andreotti ad autorizzare l’aborto terapeutico per le donne della zona che ne avessero fatto richiesta. Da questo punto inizia la storia di Sara donna in attesa di un figlio molto voluto, che si trova ad affrontare il problema della possibile interruzione della gravidanza con tutte le ricadute esistenziali e morali che avrebbe comportato. La scena iniziale vede Sara e altre tre donne in un ambulatorio di ostetricia in attesa di essere chiamate. Ma alle numerose chiamate Sara non risponde. La scena successiva vede lei e il marito Davide in una stanza di un motel dove erano stati provvisoriamente alloggiati che, al di là dei rituali domestici, discutono nervosamente, lei non accetta l’idea dell’aborto (“Io voglio mio figlio per non dargliela vinta”) e davanti all’immagine della Madonna chiede un aiuto, un miracolo. La speranza e la fede vengono premiate e Il suo doloroso supplicare, viene accolto dalla Madonna che discende dal cielo per proporle uno scambio “Se il tuo fardello è troppo pesante, lo prenderò io e tu prenderai il mio”. Ma non è Madonna col bambino che le offre il posto, è la mater dolorosa che piange ai piedi della croce l’agonia del Figlio. Non c’è scampo per Sara che si ritrova nell’ambulatorio con lo stesso dubbio che la tormenta. Sarà più forte la spinta alla vita o la spinta alla morte?
Il fascino di questa pièce scritta da Roberto Cavosi deriva dall’ atmosfera biblica che si respira, gli stessi nomi Sara e Davide confermano la sensazione dell’immanenza del vecchio e nuovo Testamento.
Gli interpreti sono bravissimi. Le quattro donne del “coro” – Carlotta Viscovo, Francesca Maria, Stefania Medri, Raffaella Tagliabue – sono parte essenziale nella dinamica drammaturgica, Francesco Colella è perfetto nelle vesti del marito grezzo e pragmatico e in quelle del manager dell’Icmesai e di Ponzio Pilato che sono le due facce della stessa medaglia. Infine per Maddalena Crippa è difficile trovare un aggettivo che possa esprimere la grandezza di un’interpretazione tanto intensa e raffinata capace di moltiplicare l’emozione della parola.
L’allestimento scenico è di Daniele Spisa, i costumi di Margherita Baldoni, le luci di Matteo Crespi, gli Interventi musicali di Emanuele De Checchi, i contributi video di Vincenzo Genna
Il regista Carmelo Rifici infine (last but not least)non sbaglia un colpo. Il suo ruolo è determinante nell’impostare ritmi e scansioni e nel far girare alla perfezione il meccanismo scenico.