Uno spettacolo di Pamela Sabatini
con Valeria Bianchi e Pamela Sabatini
aiuto regia Valeria Bianchi
assistente alla regia Roberta Guccione
light designer Dario Aggioli
Premio Giuria Popolare Festival 3×3 (2011), Premio Ragazzi Ermo Colle (2011), 2°Premio MarteLive (2011), Selezione Premio Scenario 2011
durata della rappresentazione 50’ circa, senza intervallo
Da giovedì 28 febbraio 2013 alle ore 21.00 (in replica fino a domenica 3 marzo), al Teatro Elicantropo di Napoli, sarà in scena O taccia x sempre di Pamela Sabatini, uno spettacolo nato come ricerca personale dell’autrice, che pone le basi sul bisogno di recuperare la memoria della propria famiglia, del proprio passato e di riflettere sull’importanza della memoria personale.
L’incontro successivo della Sabatini con Valeria Bianchi ha segnato un punto importante per lo sviluppo del lavoro, approfondendo l’analisi su somiglianze e differenze delle proprie formazioni.
Entrambe protagoniste in scena, hanno dato forma e corpo a questo progetto, influenzandosi reciprocamente, per far nascere nuove suggestioni (dal teatro di figura al teatro in maschera, dalla narrazione al teatro d’immagini), e riuscendo a trovare un linguaggio comune.
Così la Bianchi diventa, nello spettacolo, una sorta di alter ego della Sabatini, incarnando l’altra parte della memoria: l’oblio, ma anche le facce di una stessa medaglia, una lo specchio dell’altra.
“Pochi anni fa con un piccolo registratore – spiega l’autrice – ho attraversato l’Italia alla ricerca della mia storia, per capire chi sono e da dove vengo. Questo spettacolo, in parte, è il frutto di quella raccolta di materiali”.
O taccia x sempre è un viaggio tra passato e presente, accompagnato, lungo il tragitto, dalle note di un organetto e di un violoncello, a musicare vecchie filastrocche o strofe di cui si è persa la melodia. Tutto si mescola attraverso il ricordo, di per sé distorto e frammentario, in un gioco aperto ai ruoli, dove ciascuno diventa l’altro, ci si specchia e ci si ritrova. Lo spettacolo è diviso in tre diversi parti, ambientate dall’inizio del ‘900 fino al periodo a ridosso delle guerre.
La figura di una bambina che improvvisamente perde la vista, s’intreccia ai ricordi, divenendo la trasposizione in chiave fiabesca di un disturbo che ha toccato personalmente l’autrice e con il quale convive da un paio d’anni.
La ricerca della memoria assurge a cura del disagio, una vera immersione nella propria storia, fatta di aneddoti, fughe, miracoli, tragedie e gioie improvvise che spesso sono ignorate o dimenticate. La presunta realtà è il ponte che lega questi mondi rarefatti: il ricordo e la fiaba.
“O taccia x sempre – aggiunge Pamela Sabatini – è la preghiera che viene rivolta a ognuno di noi per tacere, per evitare che qualcosa si sappia. E’ un invito al silenzio, un permesso che ci è concesso per girare lo sguardo e mantenere il segreto. Questo è il nostro modo di rompere il silenzio”.
“Il bisogno di conoscere le storie della mia famiglia mi ha sempre accompagnato, ma il desiderio di parlarne attraverso una creazione artistica si è imposto quando due anni fa ho cominciato a soffrire di una forma di disturbo chiamata comunemente aura visiva emicranica. Questo disturbo cerebrale, che mi ha provocato dei “segni” permanenti, mi ha fatto riflettere sull’importanza delle memoria personale ed il confronto quotidiano con tale problema ha fatto emergere l’urgente necessità di tornare a me stessa risalendo alla memoria della mia famiglia.
Con un piccolo registratore sono andata su e giù per l’Italia alla ricerca della mia storia, di qualcosa che mi appartenesse, per capire chi sono e da dove vengo. Ho saputo cose che neanche sospettavo e che a volte avrei preferito non conoscere. Le donne sono le uniche che mi hanno voluto parlare, ho scoperto come un segreto può rimanere tale per anni ma anche che, se si è pronti ad osservare e ad ascoltare, lo si riceverà come un dono, come qualcosa da tramandare. Ci sono cose che non si scelgono, la famiglia è una di queste, e ci sono retaggi che, volente o nolente, fanno parte della storia di ciascuno e non si sa bene come chiamare. Con questo lavoro sto provando a dare loro un nome, una definizione.
La mia è una famiglia prevalentemente del sud; parlando con le diverse donne ad essa appartenenti sono emerse tre costanti: il matrimonio, il cucito e il cibo. Il primo come ragione di vita, intriso del concetto di sacrificio e come status di realizzazione personale. Il cucito come passaggio fondamentale di emancipazione nella vita di una donna, come modo per ottenere indipendenza con un lavoro soddisfacente. E infine il cibo: momento di gioia, esaltazione dei sensi, ma anche sineddoche della cucina, luogo femminile in cui la donna ha sempre esercitato un potere; fittizio potere, al servizio di terzi.
Il materiale raccolto ha suscitato in me interrogativi sulle trasformazioni storiche di cui l’Italia è stata teatro negli ultimi cinquant’anni. Una storia sociale, dei generi e dei miti, degli spazi. La mia ricerca si è mossa lungo i binari della memoria a livello clinico, sociologico e storico. Mi sono interrogata sulla natura delle relazioni uomo-donna, leggendo testi come: Amori, storia del rapporto uomo-donna di Jaques Attali; La scimmia nuda di Desmond Morris e L’amore e l’occidente di Denis De Rougemont. Mi sono lasciata nutrire da diversi spunti, andando a cercare materiali mitologici (Le nozze di Cadmo e Armonia di R. Galasso), scientifici (Emicrania di O. Sacks), fiabeschi (Morfologia della fiaba di V.Propp).
Il mio percorso di ricerca è stato sensibilmente orientato anche da Valeria Bianchi, attrice e autrice di Roma, subentrata in un secondo momento al progetto in qualità di musicista, e divenuta poi elemento fondamentale per l’intero processo creativo.
Sin dall’inizio era netta in me l’immagine di un musicista in scena con cui dialogare. Non mi interessava avere un sottofondo musicale, ma poter costruire un rapporto che andasse al di là del mero accompagnamento sonoro, verso possibili sperimentazioni anche attoriali. Con Valeria, lavorando su differenze e somiglianze delle nostre formazioni, abbiamo cercato di lasciarci influenzare reciprocamente per far nascere nuove suggestioni (le quali spaziano dal teatro di figura, al teatro in maschera, dalla narrazione al teatro di immagini) e per riuscire a trovare un linguaggio comune con il quale affrontare insieme il lavoro. Lei ha assunto le sembianze del mio alter ego e per questo mi sono trovata a immaginarla come l’altra parte della memoria: l’oblio. Siamo diventate le facce di una stessa medaglia, una lo specchio dell’altra”.
Pamela Sabatini
Napoli, Teatro Elicantropo – dal 28 febbraio al 3 marzo 2013
Inizio delle rappresentazioni ore 21.00 (dal giovedì al sabato), ore 18.00 (domenica)
Info e prenotazioni al 3491925942 (mattina), 081296640 (pomeriggio), email: promozionelicantropo@libero.it