Il luminoso dolore

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Il dolore rappresenta per l’uomo un peso spaventoso che non sempre si può rimuovere o attenuare. La mistica suggerisce di affrontarlo.

Incontro con il Cardinale Gianfranco Ravasi, il sindaco di Roma Ignazio Marino, e con Bianca Berlinguer, Dacia Maraini e Umberto Galimberti

Ingresso libero

Lunedì 2 dicembre (ore 21.00) al Teatro Argentina di Roma torna l’appuntamento con la mistica e con uno dei temi fondamentali: il dolore. Il cardinale Gianfranco Ravasi e il sindaco di Roma Ignazio Marino, insieme con Bianca Berlinguer, Dacia Maraini e Umberto Galimberti, incontrano il pubblico per dialogare e riflettere sul tema del dolore, l’esperienza che accomuna tutti gli uomini nella prova fondamentale che è la vita.

Il dolore fisico, la sofferenza psicologica, il tormento spirituale determinano un senso di angoscia e generano un’assenza esistenziale in quanto l’uomo si misura inevitabilmente sulla sua ambita perfezione, desiderando essere del tutto privo di pene e in completa armonia con Dio o con l’Assoluto sconosciuto. Tuttavia, il dolore è un peso che non è possibile cancellare con la nostra volontà e con i mezzi che essa sa trovare. È infatti possibile allontanare con i farmaci e con varie modalità terapeutiche il dolore fisico, psichico e psicologico, creando uno schermo protettivo. La mistica, invece, suggerisce di affrontare il dolore nella consapevolezza di convivere con esso senza l’utilizzo di schermi e protezioni. Questo riconoscimento è l’inizio dell’esperienza di Dio. Infatti, l’aspetto più singolare del Dio cristiano è che il Dio onnipotente è anche un Dio nel dolore. Il Dio incarnato conosce la sofferenza e la morte, la morte sulla croce che gli fa gridare: «perché mi hai abbandonato?» come ogni uomo nel dolore. Il dolore non crea davanti a esso uno schermo, ma crea la condizione per sperimentare – accanto o dentro il dolore – il significato che viene da Dio e dalla sua silenziosa presenza nell’uomo. Questa è la mistica del dolore che apre la via che rende divino l’uomo, dando così risposta alla terribile domanda implicita nel dolore: «perché l’uomo non è Dio?». Lungo queste vie luminose e oscure, dolorose e nonostante tutto aperte alla speranza, alle parole del silenzio e dell’attesa, alle espressioni che nascono dalla solitudine interiore, si svolge il lento cammino verso un significato oltre, mentre risuonano come un interrogativo bruciante le parole di Franz Kafka: «La vera via passa per una corda che non è tesa in alto, ma appena al di sopra del suolo. Sembra destinata a far inciampare più che a essere percorsa».

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