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Il prigioniero della seconda strada

fotoRitratto di quotidiana nevrosi in un interno. Neil Simon ha scritto questa pièce teatrale nel 1972, anno dell’esplosione dello scandalo Watergate, dell’avvio degli accordi di pace per la guerra in Vietnam, delle tragiche Olimpiadi di Monaco. Eppure sembra scritta oggi, tanto sono attuali e atemporali la crisi economica, il disagio emotivo derivante dalla perdita del lavoro, i conflitti con i vicini di casa, le discontinue dinamiche familiari. Che sono anche svincolate dal contesto ambientale, infatti dal 14° piano di un grattacielo sulla 2ͣ Avenue la vicenda si può trasferire in qualunque condominio di una città alla nostra longitudine.

Una coppia della classe media americana è oppressa dalla calura che attanaglia New York in una torrida notte estiva. Il condizionatore si è stabilizzato sui 7° di temperatura, lo scarico del bagno non funziona, nell’appartamento attiguo due hostess si intrattengono rumorosamente con i loro ospiti. In preda a una crisi di nervi, Mel inveisce sull’esiguo balcone, attirandosi una secchiata d’acqua.

La moglie è amorevole e comprensiva, prodiga di premure nel tentativo di abbassare il livello di agitazione emotiva e motoria del marito, sdrammatizza e ridimensiona l’entità dei problemi.

La tensione raggiunge l’acme quando i ladri svaligiano l’appartamento asportando perfino le bottiglie degli alcolici e la cassetta dei farmaci, unico sostegno psicologico alle inquietudini del capofamiglia che fino a quel momento aveva taciuto il suo licenziamento. Edna non si perde d’animo e, mentre l’uomo si rivolge alle cure di uno psicanalista che gli consiglia di confrontarsi con il fratello e le tre sorelle, ritorna al suo lavoro di segretaria d’azienda che la impegna giorno e notte, letteralmente. Ma, poiché i guai arrivano sempre in serie, l’azienda fallisce e, tornata a casa stanca e avvilita non può nemmeno ristorarsi con una doccia perché manca l’acqua. Esasperata, inveisce contro i vicini attirandosi una secchiata d’acqua che finisce nuovamente addosso al malcapitato marito. Questa volta la reazione è mite: è il momento della verità. Accomunati dalle difficoltà, i due scoprono di essere una coppia affiatata e innamorata, in grado di affrontare insieme le traversie della vita, fieri l’uno dell’altra e complici.

Neil Simon riesce a far ridere, creando situazioni paradossali all’interno di una amara commedia sulla triste condizione dell’essere umano, costretto a misurarsi con la società ostile che lo ferisce e mutila le sue aspettative. L’universalità di tale condizione rende attuale e fresco un testo che non denuncia i suoi quattro decenni, e che ha conosciuto anche il successo cinematografico nel 1975 con una pellicola diretta da Melvin Frank e interpretata da Anne Bancroft e Jack Lemmon.

La nevrosi e la sua somatizzazione sono resi da Maurizio Casagrande con perfetta aderenza al crescendo di tensione e disadattamento causati dagli eventi. Tosca D’Aquino è spumeggiante e accattivante, delineando il carattere di una moglie attenta e consapevole del suo ruolo di compagna di vita.

Le scene di Alessandro Chiti rendono molto verosimile l’atmosfera claustrofobica nell’appartamento di un condominio di cui si vede sullo sfondo la facciata sul cortile costellata di condizionatori d’aria. Gli innumerevoli cambi d’abito della protagonista costituiscono una carrellata sulla moda femminile degli anni ’70 con i costumi di Alessandra Ricci. Le musiche sono di Massimiliano Forza, l’adattamento e la regia di Giovanni Anfuso.

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