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Siamo tutti “Ulisse”

Foto di Angelo Redaelli
Foto di Angelo Redaelli

Scritto dedicandolo al grande regista greco prematuramente scomparso Theo Anghelopulos (come non pensare al film Lo sguardo di Ulisse…), diretto e questa volta anche interpretato da Corrado d’Elia, Ulisse, il ritorno veleggia dall’Odissea di Omero, che fornisce ossatura e personaggi, alla Grecia di oggi con la sua vena melanconica dietro l’apparente e ostentata allegria e il suo celebrare l’incontro, la convivialità e le feste attraverso un bicchiere (che, dopo essere quasi tracannato, è spesso gettato a terra con veemenza affinché in segno di allegria vada in mille pezzi) di uzo (bevanda alcolica a base di anice ed erbe aromatiche) o di crasí (vino). E dalla penisola ellenica il discorso si dilata alle grandi tematiche della vita.

Protagonista della pièce è, infatti, l’avventura esistenziale dell’uomo (in ogni tempo) che attraverso il ritorno a casa, alla dimora originaria e quindi in se stesso porta alla luce della coscienza ciò che è dentro di sé: in questa chiave l’eroe omerico diviene l’uomo contemporaneo che, interrompendo il suo frenetico correre, si volta alla ricerca della memoria propria e collettiva generando una realtà nuova in cui tutto si aggroviglia e si dipana.

Sul palcoscenico – spazio/taverna o meglio luogo/non luogo che si trasforma in pista da ballo, poi piazza, taxi, treno, autobus, teatro… – si affacciano e scompaiono personaggi di ieri divenuti dell’oggi come Ulisse e Penelope, ognuno con il proprio carico di sogni, speranze, sofferenze, dolori, soddisfazioni… in un affascinante, melanconico, nostalgico, struggente, angoscioso e insieme catartico rivivere intensamente tasselli di vita chiarificatori per chi li vive ed enigmatici per lo spettatore risucchiato emotivamente nel fluire di emozioni e sconcertato razionalmente anche perché stimolato a entrare nelle tante storie i cui fili si aggrovigliano tra di loro complice una musica suadente e invitante.

Uno spettacolo che attrae e turba ponendo interrogativi e lasciando aperta la porta a riflessioni sul viaggiare di ciascuno attraverso se stesso in questo tempo così diverso o così uguale a quello omerico: epico perché filtrato dalla memoria temporale, medico amorevole che cancella il negativo, o perché supportato da valori e ideali perduti? Ciascuno può e deve dare la sua risposta rispondendo così alla funzione di stimolo da sempre esercitata dal Teatro.

Una triade di attori che si fa apprezzare per la notevole professionalità, l’affiatata sintonia e la grande duttilità interpretativa: dalle qualità di d’Elia, ammirato anche come regista, a quelle di un convincentissimo Alessandro Castellucci e di una Giulia Bacchetta entusiasmante e dolente compagna, sposa, madre, maga… per un Ulisse dalle sfumature cinematografiche.

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