Il Trovatore padovano è, in termini di qualità musicale, un buco nell’acqua. L’allestimento, proveniente dal Teatro di Maribor e coprodotto con Bassano Opera Festival, possiede intrinseca dignità, ricercata in un’armonia formale fedele al libretto. Filippo Tonon cura regia, scene e luci rifacendosi a suggestioni provenienti dalla storia dell’arte. Il Medioevo oscuro viene riletto attraverso canoni estetici ottocenteschi, cavando fuori accenni alla pittura romantica inglese, mentre nell’esplosione di luce finale dietro le grate chiara si coglie l’allusione alla raffaellesca Liberazione di San Pietro nella stanza di Eliodoro. Le partiture gestuali stanno nel solco della tradizione, con stravaganze improprie quali freeze actions all’incipit del coro zingaresco e al concertato della seconda parte. Il light design vuol’essere medium narrativo, compito però assolto in maniera discontinua. Curati e colorati, quasi usciti da un affresco del Lorenzetti, i costumi di Cristina Aceti, coerenti con la scenografia minimale di Tonon.
Se quindi l’occhio può dirsi soddisfatto a sufficienza, all’orecchio non tocca la stessa sorte. Nefasta la direzione di Alberto Veronesi. Priva di qualsivoglia senso musicale, la concertazione adotta tempi incerti e dinamiche incomprensibili, vuota di scelte ritmiche ponderate. O tutto piano, o tutto forte, senza mezze misure che possano almeno per un attimo accordarsi con quanto accade in scena. I cantanti sono abbandonati a se stessi con inevitabile scollamento costante tra buca e palco. L’Orchestra di Padova e del Veneto, solitamente a livelli più alti con altre bacchette, cerca invano di salvare il salvabile.
Unica consolazione per lo spettatore critico e preparato è il baritono mongolo Enkhbat Amartuvshin. Il suo Conte di Luna spicca per la dizione precisissima, il bel fraseggio poliedrico e il timbro convincente. Il ruolo è studiato fin nei dettagli reconditi e conta su un canto fluido da inizio a fine recita, senza alcuna parvenza di stanchezza e difficoltà di emissione. Walter Fraccaro è Manrico dalla voce nasale, interamente cantato sul forte e altalenante nell’intonazione. Non un colore che permetta di identificare i sentimenti contrastanti, e ce ne sono, del personaggio. Poco importa, alla gente basta il do di petto durante la pira, tra l’altro non previsto da Verdi ma aggiunto per prassi esecutiva. Maria Katzarava arriva impreparata al debutto nel ruolo di Leonora. La linea di canto è disomogenea, costretta a forzature di petto, quando non al parlato, nel registro grave, il fraseggio superficiale e la dizione per lo più incorretta. La voce arriva già affaticata alla cabaletta Di tale amor per poi continuare su sentieri accidentati da cali d’intonazione, palesi in L’onda dei suoni mistici, e cadenze traballanti, per esempio alla chiusa di Com’aura di speranza. Judit Kutasi par più soprano, con evidente inconsistenza dei registri centrale e grave, sbilanciamenti che rendono Azucena scialba e di scarso appeal. Di misura il Ferrando di Simon Lim. Completano il cast l’Ines spiritata di Carlotta Bellotto, il vecchio Zingaro di Luca Bauce, il Ruiz di Orfeo Zanetti e il Messo di Luca Favaron.
Al Coro Lirico Veneto, preparato da Stefano Lovato, va riconosciuto discreto gusto musicale, ma gestualità ed espressione, qui a tratti oratoriali, sarebbero da migliorare.
Applausi a scena aperta e consensi calorosi per tutti, con Amartuvshin trionfatore.
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Il Trovatore
Musica di Giuseppe Verdi
Libretto di Salvadore Cammarano
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Personaggi e interpreti:
Conte di Luna: Enkhbat Amartuvshin
Leonora: Maria Katzarava
Azucena: Judit Kutasi
Manrico: Walter Fraccaro
Ferrando: Simon Lim
Ines: Carlotta Bellotto
Ruiz: Orfeo Zanetti
Un vecchio zingaro: Luca Bauce
Un messo: Luca Favaron
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Coro Lirico Veneto
Maestro del Coro: Stefano Lovato
Orchestra di Padova e del Veneto
Maestro concertatore e direttore d’orchestra: Alberto Veronesi
Regia, scene e luci: Filippo Tonon
Costumi: Cristina Aceti
Allestimento Teatro Nazionale sloveno di Maribor in coproduzione con Bassano Opera Festival