martedì, Marzo 19, 2024

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Intervista: il tenore Celso Albelo torna a Firenze con “La Favorite” di Donizetti

Intervista a cura di Federico Minghetti

Foto di Joan Tomàs

So che hai studiato storia dell’arte e questa è l’ennesima collaborazione con l’Orchestra del Maggio Musicale Fiorentino, ormai quindi conosci bene Firenze, hai qualche pensiero da condividere sulla città?

Firenze, come altre città, è un grande museo all’aria aperta. Questa natura artistica della città mi rilassa e non mi annoia mai, d’altro canto ogni tanto è quasi spossante camminare per la città: una bellezza così diffusa mi obbliga spesso a fermarmi e guardare, è molto difficile per me restare concentrato quando sono in centro storico. Trovo molto bello anche l’Arno, io sono delle Canarie e l’Atlantico spesso mi manca ma confesso che un fiume che taglia in due la città rimane molto affascinante.

Donizetti ed il belcanto spiccano nel tuo repertorio, è una scelta dovuta al tuo timbro di voce o ci sono particolari valori estetici che ti legano a questo repertorio?

Ovviamente il timbro di voce ha una sua importanza, credo che la mia voce si adatti particolarmente a questo tipo di repertorio e questo ha influito certamente. In realtà è però una scelta legata anche al mercato dell’opera, il mio compito infatti oltre ad offrire un prodotto di alta qualità è quello di offrire qualcosa di unico o perlomeno cercare di essere competitivo sulla piazza, ed è in questa nicchia che credo di poter dare il massimo.

Il tuo lavoro oltre a quello di cantante è quello di attore. Quanto incidono le scelte registiche e l’immedesimazione del personaggio sull’esecuzione di un’opera?

Le scelte registiche sono molto importanti, soprattutto quando ricalcano alcuni aspetti o sottolineano alcune relazioni tra i personaggi. Durante le prove poi il mio personaggio è in continua evoluzione, interagire con gli altri attori mi aiuta molto a costruire il carattere del personaggio. Portare l’idea di altri sul palcoscenico rimane comunque difficile: il teatro d’opera è un gioco di compromessi tra direttore d’orchestra, compositore, regista e cantanti. Il lavoro di squadra rimane la parte più importante, il compito di tutti è dare il meglio di sé per portare in scena uno spettacolo il più rotondo possibile.

La tua carriera è cominciata molto tardi ma è rapidamente decollata, ti aspettavi tutto questo successo in così poco tempo?

Assolutamente no, ho cominciato a prendere lezioni di canto perché da giovane suonavo la chitarra e cantando spesso rimanevo senza voce. È stata una sorpresa perché non credevo di avere le qualità né il talento per essere un solista, man mano che approfondivo però ho scoperto una particolare predisposizione che mi ha portato fin qui.

Quindi è stato tutto improvviso, sia il successo che l’approccio all’opera.

Sì, allora conoscevo il mondo dell’opera solo per sentito dire. Anche per questo quando qualcuno parla dell’opera come un ambiente classista o snob mi viene da ridere. Credo che sia ora di abbandonare i pregiudizi e la paura del nuovo, o del vecchio in questo caso, solo allora la musica acquista veramente senso.

Foto di Lorraine Wauters

Quali sono le tue aspettative per il futuro?

Non perdere mai quella sensazione che avevo da giovane quando suonavo la chitarra e cantavo. Ovviamente in teatro la responsabilità è maggiore, però quando sono in ‘riunione’ con gli amici prendiamo una chitarra e canticchiando mi diverto come quando sono sul palco, prima di un lavoro la musica è una passione per me.

Ci hai già anticipato di essere originario delle Canarie, senti spesso nostalgia di casa?

Vivo a Roma ormai da diversi anni, sono felicemente sposato con un Italiana ed abbiamo avuto un figlio assieme. Ormai considerò l’Italia come la mia seconda patria con tutti i suoi pregi ed i suoi difetti. Mi sento Spagnolo, Canario ed Italiano, mi definisco scherzosamente CanarioSpagnoItaliano.

Ti sei perfezionato con il Maestro Carlo Bergonzi, uno dei più grandi interpreti italiani del repertorio Verdiano, qual era il tu rapporto con lui? Hai qualche aneddoto da condividere sul Maestro?

Il maestro era una persona molto disciplinata ed esigente nello studio ma anche una persona molto cara e vicina e con un grande senso dell’umorismo, l’incontro con lui ha segnato moltissimo la mia carriera e la mia vita. Di aneddoti ne ho più di mille! Ricordo il pittoresco bastone che lo accompagnava, come impugnatura aveva una testa di Verdi scolpita in argento. Un giorno, subito dopo pranzo, mi fece conoscere il maestro Nello Santi e cantare l’intero Don Pasquale accompagnato al pianoforte, potete immaginare la fatica!

Un teatro Italiano in cui non hai ancora cantato ed in cui vorresti debuttare?

Ho cantato in moltissimi teatri italiani, tra quelli che mi mancano il Teatro Regio di Torino è probabilmente in cima alla lista. Ho ricevuto solamente buone impressioni dai colleghi che ci hanno suonato e spero quindi di avere l’occasione di cantarci il più presto possibile.

Ed invece un ruolo in cui vorresti debuttare?

Sostanzialmente tutti i ruoli che non posso cantare, l’Otello in particolare mi ha sempre attirato e credo che mi divertirei moltissimo.

Dicci una cosa che ami ed una che odi dell’opera.

Una cosa che amo è quando sono sul palco e canto, quel momento è mio e nessuno me lo può rubare. Una cosa che odio è probabilmente l’invidia, spesso la gente si preoccupa più di quello che fanno gli altri anziché di quello che fanno da sé e spesso finiscono per dimenticare il motivo per cui fan quello fanno.

Perché dovremo venirti a sentire in questa La Favorite?

Il fatto che sia una produzione del Maggio Musicale dovrebbe essere sufficiente di per sé. Poi questo è uno spettacolo abbastanza tradizionale e che non può ledere in quel senso. Il cast poi, dal direttore ai cantanti, è molto equilibrato ed affiatato, daremo di certo il meglio di noi sul palco!

Grazie mille Celso, ci vediamo in teatro allora!

Certo, vi aspetto con trepidazione.

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