martedì, Marzo 19, 2024

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Beppe Dati: l’uomo, il paroliere

Intervista a cura di Federico Minghetti

Chi è Beppe Dati?

Giuseppe Dati (Beppe per gli amici) è un paroliere e compositore fiorentino, a partire dagli anni ’80 produce moltissime canzoni e collabora con alcuni dei più grandi cantanti ed interpreti italiani instaurando con alcuni di loro un rapporto duraturo e prolifico. Partecipa al festival di Sanremo moltissime volte e vincendo ben 3 edizioni, nel ’90 con ‘Disperato’ interpretata da Marco Masini, nel ’91 con ‘Le Persone Inutili’ interpretata da Paolo vallesi e con ‘L’Uomo Volante’ sempre interpretata da Masini. Ha scritto anche due musical, entrambi già andati in scena: ‘Robin Hood’ e ‘Il Mio Gesù’. Tra le collaborazioni più importanti: Marco Masini, Laura Pausini, Francesco Guccini, Mia Martini, Raf, Paolo Vallesi e molto altri. Tra i pezzi più importanti firmati da Beppe troviamo: ‘Cosa resterà degli anni ’80’, ‘Santi nel viavai’, ‘Cirano’, ‘Caro Babbo’, ‘Gli uomini non cambiano’, ‘Cenerentola innamorata’, ‘T’innamorerai’, ‘Frankenstein’, ‘Il giorno più banale’, ‘Piramidi di Luna’.

Ding Dong. «Chi è?» «Sono Federico di TeatriOnLine, sono qui per l’intervista» «Ah sì, entra pure e scendi le scale». Beppe vive in zona Cure in un palazzo dall’architettura fiorentina: massicce sbarre alle finestre, sotto un bugnato che ricorda la pietraforte dei palazzi in centro storico, una di quelle grandi porte di legno massello. Scese le scale Beppe mi accoglie sulla porta di casa con un gran sorriso ed una poderosa stretta di mano «Prego, accomodati pure nel mio studio». Beppe si siede di fronte a me. Lo studio è di dimensioni modeste e dipinto di un bel colore che risalta i toni caldi, una scrivania di un bel legno ambrato con fogli, penne e scartoffie di tutti i generi svetta davanti ad un’ampia finestra che riempie la stanza con le ultime luci del giorno. Di fronte al divano dove mi accomodo c’è una grande libreria a muro ricolma di volumi, foto e ricordi, a questa è appoggiato un pianoforte e a fianco la chitarra. Dove la parete non è occupata da mobili è invasa dalle foto – decine di foto – con Beppe, amici, famigliari, colleghi e Firenze.

«Diamoci del tu va che è meglio!» Il discorso verte sul grande tema della musica, sullo scrivere canzoni e sui personaggi che animano il serraglio musicale italiano. Comincia parlando del suo legame con la musica «Diciamo la musica è sempre stata una costante nella mia vita, qualcosa di vitale. Fin da piccolo ho ascoltato molta radio, ho poi avuto la fortuna di non perdere questa grande passione anche durante gli anni in cui lavoravo: tornavo a casa a mezzanotte dopo il turno e mi mettevo a suonare. C’è da considerare poi che ho vissuto in quegli anni in cui la musica nasceva ed era in forte movimento, ecco gli anni ’60 e ’70 sono stati il top per quanto riguarda gli autori Italiani ma anche per le grandissime innovazioni ed influenze che venivano dall’America e dall’Inghilterra e passavano poi a Sanremo dei pezzoni, immensi, pezzi come ‘Zingara’, ‘Una lacrima sul viso’, ‘Non ho l’età’.»

«Ecco Beppe, tu hai vissuto appieno quegli anni in cui sono cresciuti e maturati i grandi cantautori Italiani: Guccini, Tenco, Battisti, De André. Quest’ultimo in particolare si riferiva agli artisti come anticorpi della società, come paroliere e autore qual è il tuo rapporto con i cantautori e ti sei sentito un po’ anticorpo?» Breve pausa riflessiva, uno sguardo pensieroso al muro, le folte sopracciglia si inarcano e comincia a parlare.

«Vedi personalmente ho una grande preferenza per Guccini per quanto riguarda la canzone e Dalla invece per le musiche. In particolare, credo che nei suoi testi Francesco sia riuscito a dipingere quadri precisi dell’Italia del dopoguerra, per me incarnava quello spirito un po’ anarcoide e del non schieramento – libertario anche – quasi un Montanelli della canzone. Dalla invece credo sia superiore sotto il punto di vista musicale perché si stacca con forza dalla cultura anglosassone, aveva questo modo incredibile di cantare sganciato da tutto e tutti. Io scrivo principalmente musica pop ma quando ne ho la possibilità scrivo pezzi che trattano temi più vicini ai cantautori, pezzi come ‘Santi nel Viavai’, ‘La Nave dei Folli’ e ‘Dal Buio’, ecco in questi casi mi sono sentito un po’ anticorpo e credo nel mio piccolo di aver dato il mio contributo. Poi i cantautori me li sono portati dietro e immaginati quando ho fatto una serie di pezzi ispirati a personaggi storici come Cirano, Don Chisciotte e Colombo. Quando Francesco ha deciso di cantarli per me è stata una soddisfazione enorme.»

Beppe è un uomo sulla sessantina con folti capelli grigi ed un’ispida barba, è di media statura ed ha il tipico pancione che associo ad ogni buongustaio, il viso luminoso ed il sorriso a trentadue denti ispirano calma e mi mettono subito a mio agio. Parla con voce profonda e con un marcato accento fiorentino, le folte sopracciglia e la grande espressività delle mani accompagnano e sostengono il discorso, si rivolge a me come se ci conoscessimo da molto tempo e parla con l’esperienza di un uomo che ha visto, conosciuto e vissuto per almeno due vite, una volta aperta bocca è difficile fermarlo: ricordi e massime sgorgano come da un torrente in piena. «Ah, hai visto quel libro?» – si riferisce alle Letture di Steiner, appoggiato sulla scrivania – «Steiner, meraviglioso, potrei parlartene per ore se solo avessimo tempo» – non lo metto in dubbio!

«Dicci qualcosa del tuo lavoro, so che hai cominciato come cantante e poi, dopo tempo, sei diventato anche un paroliere o un autore che dir si voglia.»

«Sì, quando ero giovane suonavo e cantavo in un gruppetto – nulla di serio eh – si cantava nelle case del popolo, alle feste dell’unità e un po’ dove capitava, a volte ci davano solo un piatto di tortellini ed un po’ di vino per la serata ma a noi andava bene così. Ci piaceva, si suonava e la gente stava ad ascoltarti attenta come se fossi che ne so, Guccini chiaramente noi eravamo di fronte a 2/300 persone mentre lui riempiva gli stadi. Ecco, anni fa ti ascoltavano con una grande attenzione, non importava chi tu fossi, la gente credeva in un ideale, giusto o sbagliato non importa. Oggi non vedo più questi ideali forti, nella vita di tutti i giorni come nella politica, non c’è più una luce che riesce ad indicarci il cammino, ritornando al discorso di prima anche per questo i cantautori erano importanti, tenevano viva la coscienza e aiutavano i ragazzi a comprendere la realtà, un po’ come dei fratelli maggiori.»

«E invece del tuo rapporto con gli interpreti cosa ci puoi dire?»

«Prima di tutto deve esserci un rapporto umano tra autore e artista, se questo funziona possono nascere collaborazioni meravigliose, vedi Battisti e Mogol, Lennon e Mc Cartney e così via. Poi chi scrive il testo deve vestire un po’ l’artista, bisogna adattarsi al cantante, devi mettergli in bocca le parole giuste, adatte al personaggio, al suo repertorio e al suo stile. Nel caso della mia collaborazione con Masini invece non ho dovuto sforzarmi troppo su questo aspetto, molte cose mi sono venute istintivamente, ‘Caro Babbo’ per esempio è un pezzo molto autobiografico ma Masini è riuscito ad adattarsi subito e a regalarci una registrazione memorabile. Incontrare poi la persona giusta al momento giusto ma soprattutto avere il pezzo giusto al momento giusto è molto importante, in qualche modo quindi serve anche un pizzico di fortuna.»

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