La Danza, per quanto il suo potere empirico si basi soprattutto sull’esperienza pratica, è al contempo sistematica e basata sulle cognizioni tecniche metodologiche scientifiche, tramandate e codificate nel tempo.
La Danza, strumento di comunicazione non verbale oggettivo, ha un potere intrinseco enorme, ovunque la si applichi: in campo, artistico, terapeutico, estetico, letterario, storico, educativo, formativo, sportivo agonistico e ludico…che altro…è Tersicore, la madre di tutte le Arti, una delle nove Muse della mitologia greca.
Come un filo d’Arianna, tutte queste definizioni si completano a vicenda, coese in un unico comune denominatore, quello dello stato di benessere, che è insito nella definizione stessa della parola “danza”. Tornando alla storia, già Platone affermava “cantare e ballare bene, significa essere ben educati”, che il ritmo è l’ordine del movimento, nel corpo e nel cosmo, e, se l’equilibrio interno dell’individuo è alterato, è possibile riarmonizzarlo attraverso l’uso di ritmi appropriati.
Fin dagli albori dei tempi, il movimento, la gestualità, l’espressione corporea, costituiva il primo tramite che l’essere umano aveva per conoscere se stesso, l’ambiente che lo circondava, per comunicare. Analogamente, il corpo stesso, il suo linguaggio, la comunicazione non verbale, è il sistema di dialogo privilegiato del neonato per rapportarsi con la madre e il mondo circostante, consentendo attraverso l’esperienza corporea, di formare la mente, crescere ed evolversi.
Recentemente anche le scienze riconoscono la mente e il corpo come un’entità unica e indissolubile, la cui cura e tutela è fondamentale per un equilibrio psicofisico. Inoltre, come tutti gli studi antropologici sottolineano, la danza è un fenomeno universale presente in tutte le culture e fin dalla creazione dell’umanità, tutti i popoli, la utilizzavano quale strumento rituale per esprimersi, guarire, commemorare, identificarsi.
La danza, in Europa nel corso dei secoli, subisce profonde trasformazioni e modificazioni, viene censurata dai dettami religiosi rigidi ed ortodossi del tempo, assistendo ad una profonda separazione tra i balli popolari di patrimonio culturale dell’epoca, e la danza codificata, quella che si manifesta in divenire nell’ambito agiato delle corti.
Siamo alla fine del quindicesimo secolo, ed è appena stato scritto il primo trattato sul ballo “De arte saltandi et choreas ducendi” da Domenichino da Piacenza (Ferrara), contesto nel quale, è possibile decifrare, le prime coreografie, scrittura del movimento, dando luogo al consolidamento della figura del Maestro di Ballo come professione a Corte.
Correndo velocemente nel tempo, il potere terapeutico della Danza appare paradossalmente, a cavallo tra le due Guerre Mondiali, dove i dogmi e le certezze cominciavano a vacillare, portando l’umanità a riflettere sui temi importanti della vita. A questo tavolo di discussione, partecipa anche il mondo dell’arte tersicorea, che si trova in un clima di ricerca, impegnata a riappropriarsi del sentimento espressivo libero del corpo con la modern dance, fuggendo dalle regole del balletto classico vigente.
Antesignana del movimento della “danza libera” è Isadora Duncan, a cui si ispirerà la Graham, con il principio del respiro, flusso e riflusso del movimento e Mary Wigman, capace di espressività drammatica, madre di correnti di danza contemporanea tutt’ora presenti nei nostri scenari teatrali.
È in questa cornice, che si può introdurre, il concetto di benessere terapeutico della Danza, con Rudolf Von Laban, teorico e studioso del movimento, che codificò un metodo in auge ancor oggi, basatosi sui significati precisi di relazione e connessione tra lo spazio, il tempo, la forza, e il flusso di movimento, strutturando un metodo di osservazione, analisi e descrizione dello stesso, costituito da simboli grafici chiamato Kinetography. Il sistema ampliato della pratica del metodo effort/shape, è identificato con Labanotation.
“…la Danza, è il mezzo più diretto, per portar fuori, ciò che è rimasto a lungo inespresso…” (R.V.Laban)
Negli anni di fuoco tra le due Grandi Guerre, in altri campi, accadono innovazioni, anche la filosofia assume una veste psicologica. Ci troviamo di fronte alla nascita e alla evoluzione delle teorie psicanalitiche, a cui alcune danzatrici e terapeute come Marian Chase, Trudy Schoop, e Mary Stark Whitehouse, si appellano, promotrici degli aspetti terapeutici della danza, applicati in ambito clinico ospedaliero.
In questo clima di sperimentazione, la psicanalista Judith Kestemberg, utilizzando l’analisi del movimento secondo Laban, riconoscendolo, come strumento di lettura delle funzioni motorie e dei vissuti corporei, stabilisce, dal suo punto di vista scientifico, la valenza terapeutica della lettura del movimento.
Si sviluppa così, la DMT Danza Movimento Terapia, in America e in Europa, come più attualmente in Italia, definendosi, come una tecnica terapeutica a mediazione corporea, che trae le proprie origini dalla danza, dal movimento libero e dal processo creativo.
Diverse sono infatti le Scuole di pensiero, presenti oggi sul nostro territorio nazionale, che corrispondono ad altrettanti percorsi formativi, identificabili nei seguenti metodi di approccio: DMT, ad indirizzo espressiva-creativa a orientamento psicanalitico (Jung); DMT, a orientamento espressivo (psicodinamica e relazionale); DMT integrata (DMTI); danzaterapia secondo il metodo M.Fux; DMT ad orientamento gestaltico; DMT ed expression primitive e Danceability.
In Italia, nel 1977, si istituisce l’Associazione APID, associazione professionale italiana danzaterapia, con lo scopo di qualificare la pratica della stessa, promuovere e tutelare la qualità professionale degli operatori. Definire il profilo professionale di ogni danzaterapeuta, sostenere il riconoscimento legale, secondo gli standard europei ed internazionali vigenti.
Questa applicazione tecnica-pratica del benessere può essere utilizzata in diversi settori, che spaziano dall’ambito dello sviluppo del potenziale creativo, alla prevenzione del disagio individuale e collettivo, alla riabilitazione clinica terapeutica, fino all’ambito socio assistenziale.
La seduta di DMT è un viaggio terapeutico, condiviso tra paziente e tutor, nel rispetto etico e della privacy, in cui, il processo di creazione, è parte integrante dell’esperienza. Compito del terapeuta nell’osservazione, è infatti, rendere significativo, lo spazio creatosi nella condivisione di danze, movimenti liberi ed emozioni, in perpetua trasformazione.