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Venezia 12. Biennale Danza – Noi siamo danza

Il weekend conclusivo dell’edizione 2018 della Biennale Danza

Biennale Danza
Foto di Maria Baranova

30.06 – Tese dei Soppalchi – ore 19.00

LE SACRE DU PRINTEMPS

Xavier Le Roy | ideazione

***

01.06 – Teatro alle Tese – ore 21.30

THANK YOU FOR COMING: ATTENDANCE

Faye Driscoll | ideazione e coreografia

——–

Quante volte ascoltando il nostro brano orchestrale preferito ci siamo immedesimati nel direttore d’orchestra protagonista di quella incisione?

Più il brano è conosciuto, più coglieremo l’attimo per dare il gesto a quello strumento in particolare, più seguiremo i movimenti del direttore, più ci immedesimeremo nella musica.

Ecco, siamo danza.

Il Sacre firmato da Xavier Le Roy ha origine nel 2007 attraverso lo studio dei movimenti del direttore d’orchestra, gesti creati dalla musica stessa scritta da Stravinsky ma veicolo per permettere agli orchestrali di suonare.

La dinamicità del brano permette di indagare fino a che punto si è esecutori e tramiti del volere del compositore e la ricerca della “mistificatoria” arte della direzione di Le Roy riscrive l’idea, l’impulso e l’interpretazione musicale.

La nuova versione del Sacre, in prima mondiale, estende l’organico a tre interpreti femminili, Scarlet Yu, Salka Ardal Rosengren e Eleanor Bauer.

Eccezionale la loro resistenza fisica e la loro partecipazione all’attimo musicale.

Il lavoro del 2007 viene strappato e cucito in una sequenza di assoli, con interruzioni ex abrupto, e in assiemi estremamente dinamici, in cui la collezione di movimenti previsti, gli stessi per ciascuna di esse, viene veicolata dalla loro fisicità e dalla loro personalità, dalla più introspettiva alla più dinamica.

A fare da padrone è comunque il brano di Stravinsky, inevitabilmente brano che ancora adesso, dopo più di cento anni dalla sua composizione, dimostra tutta la sua attualità e il suo spirito innovativo.

La musica, preregistrata nella versione di Sir Simon Rattle con i Berliner Philharmoniker, arriva al cuore e allo stomaco del pubblico (anche grazie all’utilizzo delle casse posizionate sotto le file del pubblico, sound design di Peter Boehm).

Dal coinvolgimento musicale a quello teatrale, nella serata conclusiva con la prima italiana di Thank you for coming: Attendance della coreografa Faye Driscoll.

Facente parte di un trittico, Attendance, Play, Space, sull’investigazione dell’esperienza di gruppo, su di sé e sulla condivisione degli spazi, Driscoll cancella, con il suo lavoro, quell’ormai fragile confine fra esecutori e spettatori in un invito continuo ad essere danza.

Descrivere l’incredibile successione di eventi di questo spettacolo, un vero ringraziamento all’essere presenti in sala (traduzione del titolo), sarebbe riduttivo e vi priverebbe della sorpresa di andare a vedere lo spettacolo se e quando verrà riproposto (vivamente consigliato).

Gli eccezionali performer, Giulia Carotenuto, Sean Donovan, Alicia Ohs, Toni Melaas, Brandon Washington alternano recitazione, danza, performance circensi, canto, improvvisazione in un intreccio di sensualità dall’alta carica sessuale e liberazione spirituale.

Il pubblico, invitato personalmente alla complicità fin dalla richiesta di lasciare il nome all’ingresso, risulta esso stesso un performer.

Molto educativo vedere l’evoluzione dall’iniziale imbarazzo, quasi una comica apparizione, alla massima responsabilità del finale, un momento estremamente emotivo, nella creazione artistica.

Nel tardo pomeriggio di domenica debutto per le tre coreografe vincitrici della Biennale College – Danza, Maria Chiara De’ Nobili, Ezgi Gungor e Rebecca Jensen.

Seguite nell’idealizzazione e nella creazione delle nuove opere in ogni aspetto, dalla regia alla drammaturgia, le tre giovani hanno presentato le loro prime assolute “Rarefield”, “It carried with it salt lakes and crimson sands”, “SPAWN”.

Tre progetti embrionali, va ricordato come sia difficile trovare un soggetto autoconclusivo in soli venti minuti, dalle idee e dagli sviluppi diversi.

Se il primo era incentrato in sequenze simmetriche di movimenti a scatti e sinuosi in una altalena di crescendo e decrescendo ansiogeni, il secondo, il più poetico, dall’impronta neorealista, era la trasposizione di un paesaggio naturalistico fatto di vento, arbusti e alberi in balia del ciclo della vita.

Infine la policromatica creazione di Rebecca Jensen, quella con la coreografia probabilmente più canonica ma dalla forte intensità drammaturgica.

Molto intensa la performance dei sette danzatori professionisti che meritano la citazione per l’impegno visto sul palco, Antonella Albanese, Sara Angius, Sabine Groenendijk, Thibault Monnier, Marie Schruoffeneger, Giulia Spinelli, Luigi Villotta.

A tutti loro l’augurio di tornare in futuro alla Biennale.

 

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