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Donchisci@tte

Andato in scena al Teatro Puccini di Firenze

Donchisci@tteAlessandro Benvenuti e Stefano Fresi si conoscono sul set televisivo de I delitti del BarLume e decidono di fare teatro insieme. Pare l’idea sia dell’attore romano, ma a guardarli bene, insieme, uno di fianco all’altro, più che un’idea sembra una predestinazione. Un Don Chisciotte alto, canuto, con la schiena dritta e gli occhietti scuri. Di lato, un Sancio Panza paffuto con lo sguardo incredulo di chi segue un folle. Perfetti. Quelli impersonati dalla strana coppia, però, non sono un cavaliere della Mancia e il suo scudiero, ma un vecchio blogger che ha l’ambizione di realizzare una rivoluzione quantica e suo figlio, tanti panini con la mortadella e poca convinzione. Il garage di casa è il nascondiglio da cui vengono trasmessi i video al mondo esterno e in cui ci si prepara alla rivoluzione con esercitazioni strutturate degne dell’esercito, perché va bene la fisica quantistica, però alla fine questi mulini a vento vanno combattuti anche nel corpo a corpo. I mulini che non sono più gli stessi raccontati da Miguel de Cervantes, ma certo ne sono parenti. I mulini che rappresentano l’ignoranza e la presunzione, l’appiattimento culturale e l’uniformazione del pensiero. In uno dei suoi video Donchisci@tte invita a «valutare seriamente le vostre follie, le vostre illusioni», e in quel seriamente c’è tutto Cervantes. In una schermaglia comica continua i due protagonisti cavalcano la loro profonda diversità per manifestarsi al pubblico nella loro natura: Donchisci@tte rimprovera Sancio per la sua ingenuità, con la quale egli demolisce le appassionate convinzioni del padre. Se non che prontamente dalle macerie questi riesce sempre a tirar fuori un castello – più o meno in aria – più solido del precedente.

Il Don Chisciotte è uno di quei classici che tutti conoscono e pochi leggono, come fa subito notare, senza sconti, l’erede d’epoca digitale del cavaliere spagnolo. Ma quei pochi che l’hanno davvero letto sanno che il fulcro di tutto, del combattere contro le certezze e del difendere gli ideali, è l’amore. Dulcinea appare come giovane utente di internet, presenza flebile e ingannevole, che fa vagare la mente di Donchisci@tte ben oltre le nuvole soffiate via dalle pale dei mulini. Come se i filtri tra noi e la realtà non fossero già sufficienti per perdersi. Eppure per trovare la giusta altezza dal suolo – che non è rimanere coi piedi per terra, ma guardarla da un punto un po’ più lontano – basterebbero le tre promesse che il protagonista regala al mondo:

Giuro di essere costantemente innamorato.

Giuro di desiderare il bene e il bello per me e per gli altri.

Giuro di non lamentarmi, ma di agire.

Sembra quasi facile. In poco più di un’ora il testo di Nunzio Caponio, con la regia di Davide Iodice, parla di tutti i temi caldi della nostra epoca, quelli con cui si riempiono le pagine dei giornali e quelli che si respirano, ma di cui non vogliamo parlare. Lo fa con ironia e intelligenza, senza parlare di politica, soltanto evocandola.

Donchisci@tte è uno spettacolo da godersi quasi intorpiditi, per lasciarsi svegliare. Benvenuti e Fresi sono una coppia da rivedere insieme sul palcoscenico.

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