Coreografia di Natalia Makarova da Marius Petipa
Musica di Ludwig Minkus
Orchestrazione di John Lanchbery
Scene di Pierluigi Samaritani
Costumi di Yolanda Sonnabend
Luci di John B. Read
———
Nel mese di novembre, la Royal Opera House ospita 12 repliche de La Bayadère, capolavoro di esotismo in danza che risplende sul palcoscenico di Covent Garden in una Londra già illuminata dalle luci natalizie. La versione che ammiriamo è a firma di Natalia Makarova, creata proprio a Londra nel 1989 nonché presa a riferimento anche per il primo allestimento italiano presentato al Teatro alla Scala nel 1992. Un titolo, dunque, che non può lasciare indifferenti per portata storica, bellezza della danza e, non da ultimo, cast di eccellenza.
La ripresa londinese del classico russo è infatti occasione per ammirare il meglio del corpo di ballo inglese, sia nella serata di apertura (trasmessa in diretta cinematografica worldwide grazie al circuito NexoDigital) sia nelle repliche successive.
Nei personaggi di Nikiya, Solor e Gamzatti, abbiamo ammirato un primo trio con Marianela Nuñez, Vadim Muntagirov e Natalia Osipova e un cast alternativo, ma non certo di livello inferiore, con Laura Cuthberson, Matthew Ball e Mayara Magri.
Dal punto di vista tecnico, tutti i protagonisti hanno regalato delle performance esemplari, ma particolarmente degno di nota è il primo cast: la baiadera di Nuñez è uno showcase di proverbiali equilibri e prodezze tecniche, arricchite da un concentrato di passione sempre più intenso scena dopo scena. Particolarmente toccante la dialettica con Osipova, una Gamzatti spietata e consumata di gelosia, anch’essa impeccabile in tutti i momenti solistici del primo atto. Da manuale anche il Solor di Muntagirov, in perfetto equilibrio tra virtuosismo imperioso e tecnica principesca. La partnership con Nuñez lascia senza fiato.
La Bayadère è particolarmente nota per il secondo atto, ambientato nel regno delle ombre e banco di prova per tutti i corpi di ballo. L’ensemble inglese vince la sfida a pieni voti regalando un quadro preciso e particolarmente d’effetto. La prima entrata – una linea serpentina di 39 arabesque – è ipnotica: apparendo ad una ad una, le 24 danzatrici in candidi tutù bianchi ripetono lo stesso movimento all’unisono, in una sequenza che sembra diretta all’infinito.
Di grande effetto anche tutti i momenti d’insieme del grand pas d’action del primo atto, nonché le varie scene di pantomima che raccontano la storia di amore e gelosia.
Applausi meritati, dunque, per l’intera compagnia.
Letizia Cantù