giovedì, Marzo 28, 2024

Area Riservata

L’Inferno

Dall'8 febbraio al 3 marzo al Teatro Flavio, Roma

Federica De Vitadi Dante Alighieri

i più bei Canti recitati da Federica De Vita

regia: Franco Venturini

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All’Inferno e ritorno: la magistrale interpretazione di Federica De Vita crea un vero e proprio percorso nell’Opera di Dante, dall’entrata nella selva all’incontro con i peccatori. Letture interpretate e canti recitati avvolgono lo spettatore e lo accompagnano, attraverso i versi più belli del Divino Poeta, in un viaggio emozionante, tra lussuriosi, golosi, eretici, peccator carnali e traditori. Uno spettacolo unico e coinvolgente.

Un ritorno all’umanità dell’Uomo, alle sue passioni veraci, al realismo della sua misera ma altissima condizione, quello che anima tutta la recitazione di Federica De Vita, riuscendo a creare un’atmosfera ovattata e coinvolgente, capace di alternare con razionalità drammaturgia e prosa, interrogazioni e visioni psichiche, tenendo sempre uniti passato e presente, nel tentativo oscuro di dare risposta alla attuale precarietà del vivere quotidiano”. 

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Orario:

venerdì ore 20:30 – sabato ore 20:30 – domenica ore 17:30

www.teatroflavio.it

http://www.teatroflavio.it/L_Inferno.htm

Pagina Facebook: teatroflavio 

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Un viaggio nelle viscere dell’Inferno quello in cui ci accompagna Federica De Vita. Non le solite letture di brani scelti, ma un vero e proprio racconto che collega i versi del Divino Poeta e conduce lo spettatore tra ignavi, peccatori carnali, eretici, violenti, traditori e suicidi, facendo da cornice alla magistrale interpretazione di alcuni dei canti più amati dai lettori di Dante. In una scena ridotta all’essenziale, tra giochi di luce e musiche avvolgenti, la bravissima Federica De Vita sa trasformarsi in volteggiante anima per raccontare il dramma d’amore e passione che ha travolto Paolo e Francesca, ma riesce anche a far rivivere con una gestualità eloquente la tragedia dei suicidi tramutati in alberi nudi e contorti, tormentati e insozzati dalle arpie. Appiattita sullo sfondo con le braccia aperte come rami, l’attrice presta il suo corpo al dolore di Pier delle Vigne, il notaio al servizio di Federico II che, accusato ingiustamente di tradimento,si sarebbe tolto la vita, condannandosi alla pena eterna. E che dire della forza coinvolgente del canto del conte Ugolino della Gherardesca, che divora in sempiterno il cranio di colui che fu la causa della sua rovina, in un pasto cannibale per il quale Dante aveva trattto ispirazione dalla tragedia greca attraverso la mediazione del latino Stazio? Rabbia e disperazione, amore per i figli innocenti eppure votati alla più orribile delle morti, quella per fame, sono i sentimenti che agitano la povera anima: sentimenti eterni che giungono dal passato per aiutarci a meglio comprendere il nostro presente e a fare con Dante un itinerario verso la salvezza”.

Annalisa Venditti

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Un ritorno all’umanità dell’Uomo, alle sue passioni veraci, al realismo della sua misera ma altissima condizione, quello che anima tutta la recitazione di Federica De Vita, riuscendo a creare un’atmosfera ovattata e coinvolgente, capace di alternare con razionalità drammaturgia e prosa, interrogazioni e visioni psichiche, tenendo sempre uniti passato e presente, nel tentativo oscuro di dare risposta alla attuale precarietà del vivere quotidiano”.

Claudio Vettraino

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Federica De Vita e Franco Venturini (discendente del celebre dantista Domenico Venturini) reinterpretano la cantica infernale dando vita a un allestimento anticonvenzionale e appassionato.

Ci si aspetterebbe luci vermiglie e riproduzioni di fuochi minacciosi ad ogni angolo del palco. Invecela scena è scabra, stranamente chiara e minimalista. Una scelta che rivela la giusta intenzione di dar risalto alle parole, ad esse soltanto, e lasciare che il loro potere colpisca diretto lo spettatore, senza dar adito a distrazioni né ad artificiose suggestioni. La scenografia è dunque una sedia nel mezzo, e alle spalle un telo bianco, verticale, con appese due maschere teatrali senza volto, a richiamare l’inespressiva e scolorata forma delle anime. La De Vita si muove con grande controllo all’interno di questo spazio, ora leggendo ora declamando gli altissimi versi del poeta. I brani scelti, recitati con passione, sono legati da brevi raccordi narrativi che ne rendono fluido l’andamento. Il pubblico si lascia condurre nella selva, trema davanti alle mostruose fiere, oltrepassa l’accesso infernale e si abbandona all’ascolto delle anime sofferenti. Ad ogni personaggio corrisponde una precisa scelta di regia: l’attrice è Francesca, in piedi dietro alla trasparenza del telo, una luce puntata dal basso sul corpo reso così evanescente e ultraterreno, mentre dispera e maledice il romanzo galeotto; diventa poi tronco, appiattita sullo sfondo nudo del palcoscenico, le braccia sollevate e protese a rami sanguinanti, quando presta il corpo al suicida Pier delle Vigne e al suo strazio eterno; è infine, semplicemente, uomo, accasciata sulla sedia e corrosa da innominabile tormento, nella struggente interpretazione del conte Ugolino che chiude grandiosamente la rappresentazione.

Un allestimento opportuno e necessario, realizzato con dignità e infinito rispetto per l’opera a cui dà voce. L’amore che Federica De Vita e il regista Franco Venturini hanno impresso nel lavoro emana da ogni parola pronunciata, da ogni gesto compiuto in scena.

La grandezza di questa rappresentazione sta proprio nel suo essere “piccola”, nell’umiltà con cui i protagonisti si pongono al servizio della Poesia, riconoscendole sul palco la sovranità indiscussa.

Silvia Ianniello

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