
Meglio la coerenza verso noi stessi o il rispetto verso gli altri? La risposta è semplice: il legame d’amore che ci unisce a qualcuno sembra essere la cosa più importante della vita. Questo sembra essere il punto di conclusione del serrato dialogo a due voci fra Renato Carpentieri e Stefano Jotti, due strepitosi Henrik e Konrad indimenticabili protagonisti di Le braci, iconico romanzo del 1942 di Sándor Márai portato in scena con la drammaturgia e la regia di Laura Angiulli in replica al Piccolo Eliseo di Roma fino al 9 febbraio. Il numeroso pubblico in platea conferma il fascino che questo bellissimo romanzo continua ad esercitare sui lettori: Le braci sono uno straordinario thriller dell’anima che mette in scena con impianto teatrale l’ultimo incontro fra due uomini, due ex amici che forse non hanno mai davvero avuto nulla in comune. Sullo sfondo del loro incontro a distanza di 40 anni di distanza, le ceneri di un mondo distrutto e spazzato via dalla Prima Guerra Mondiale che viene raccontato con estrema efficacia e profondità da Márai e qui adattato da Fulvio Calise. Uno spettacolo fortunato, segno tangibile della forza del teatro di parole, che attira un pubblico affascinato dall’evocazione di un mondo decadente con i suoi valori ormai distrutti: nessuno dei due uomini sembra potersi riconoscere nel nuovo mondo e ciascuno deve fare i conti con sé stesso in un romanzo che indaga con rara forza nella complessità dei rapporti umani. Padroni del palco in un ambiente borghese e accogliente con una grande stufa in ghisa (scene di Rosario Squillace), Henrik e Konrad si incontrano di nuovo dopo decenni per affrontare con nuova consapevolezza il fatto di essere totalmente l’uno diverso rispetto all’altro. Da una parte, il generale Henrik, orgoglioso e disciplinato soldato orfano di un mondo distrutto e interpretato con grazia da un Renato Carpentieri dall’animo rattristato e quasi rassegnato. Dall’altra parte il suo interlocutore, il malinconico Konrad, amico dall’animo artistico e irrequieto interpretato con malinconica consapevolezza da Stefano Jotti. In scena si consuma un thriller dei sentimenti, una resa dei conti dell’anima per cercare di chiarire tutto il non detto dopo 40 anni di attesa. Al centro del dialogo fra i due protagonisti, mantenuto anche nella drammaturgia teatrale, i moti dell’anima, i dubbi atroci, il desiderio di risposte: anima del testo restano le passioni e i più forti sentimenti umani, amicizia, invidia, orgoglio, ma anche tradimento con la figura evocata di Krisztina moglie dell’uno e forse amante dell’altro. Il rigoroso allestimento tutto da vedere e da catturare vive della forza intrinseca dei sue protagonisti creati da Màrai che agganciano il pubblico in ogni momento, ma è inevitabile che anche in uno spettacolo molto convincente, la forza della scrittura e la ricchezza letteraria che emerge dalla scrittura drammaturgica e stilistica del romanzo fra i meandri delle parole e l’impianto di incontro-scontro fra Carpentieri-Jotti, tende in qualche modo a non essere totalmente restituita. Repliche fino 9 febbraio a Roma. Info su www.teatroeliseo.com.