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Dalla parte delle bambine: ecco Settenove

Storie innovative e lettura femminista della realtà per la casa editrice marchigiana, interamente dedicata alla prevenzione della discriminazione e della violenza di genere

SettenoveUna versione “surrealista” della fiaba, così la definisce l’autrice. “La strana storia di Cappuccetto Blu” è un atto rivoluzionario, oltre che uno straordinario esempio di scrittura e di fantasia. A farlo è la milanese (ma francese d’adozione) Guia Risari, personalità eclettica che si muove con uguale successo tra narrativa, poesia, saggistica, pubblicando in ben quattro lingue. “Cappuccetto Blu si prende la responsabilità di guidare il proprio destino e di reagire agli assalti del presunto lupo interpretando una serie di fiabe differenti”: questa la trama, come ha raccontato in una recente intervista radiofonica.

Nelle versioni più antiche della favola, oggi perlopiù conosciuta nelle varianti di Perrault e dei fratelli Grimm, Cappuccetto Rosso si liberava da sola del lupo mediante vari stratagemmi. “Non ho mai amato queste versioni in cui la protagonista dà prova di stoltezza o di troppa ingenuità e poi viene liberata da un estraneo, cui si deve render grazie solo perché ha un fucile”, spiega Risari: “Io ho voluto rendere omaggio all’indipendenza e all’ingegno dei bambini, delle ragazzine in particolare, che sono spesso quelle che si trovano ad affrontare i problemi più spinosi”.

A pubblicare quest’imperdibile albo illustrato è la casa editrice marchigiana Settenove. Nata nel 2013, è il primo progetto editoriale italiano interamente dedicato alla prevenzione della discriminazione e della violenza di genere attraverso albi illustrati, saggistica, percorsi scolastici. Monica Martinelli, editrice e formatrice, in una recente intervista ha evidenziato come con il tempo in lei sia “emersa la necessità di lavorare sull’immaginario delle persone, fin dalla più tenera età, per percepire se stessi come persone degne di valore, non reprimibili in ruoli preconfezionati, e vedere gli altri e le altre diverse da noi come ricchezza e non come minaccia”.

Settenove lavora sugli ostacoli culturali e sociali che, in forme diverse, legittimano la violenza. La parola chiave del catalogo (oltre 50 titoli) è propositività: far luce sulle discriminazioni, promuovere l’educazione paritaria e incoraggiare la visibilità di modelli positivi di collaborazione e rispetto, coinvolgendo uomini e donne. “La casa editrice – conclude Martinelli – cerca di liberare l’immaginario dei bambini e delle bambine e sviscerare nel rapporto con gli adulti, attraverso le collane di saggistica e di formazione continua, le dinamiche di potere che portano un gruppo di persone a prevalere e dominare, con l’assunzione di ruoli di potere a livello privato, sociale e politico, su tutte le altre”.

Ma torniamo alla “strana storia” di Cappuccetto Blu. La ragazzina, che veste streetwear (come il lupo) e si muove in un ambiente urbano, viene inviata dalla nonna ammalata. Incontra il lupo che ovviamente la vuole mangiare, ma lei si difende appellandosi “alla fedeltà alle storie: senza questa non ha più senso raccontare favole”. Inizia così un singolare duello: lei impersona la Bella addormentata e lui diventa il principe che la bacia, lui si trasforma in drago e lei in un “baldo cavaliere”, lui appare come Mago Merlino e lei lo fronteggia come Fata Morgana. Un botta e risposta del tutto particolare, col lupo che ogni volta sa come rispondere a tono alla sfrontatezza e alla libertà espressa dalla ragazzina. I due vanno quindi avanti così, a “interpretare tutte le storie del mondo”, in un gioco che si tramuta in amicizia.

Ogni storia – aggiunge Guia Risari – è un antidoto contro un problema della vita, una possibile soluzione a una questione che magari un giorno si presenterà. A Cappuccetto Blu ho voluto regalare la capacità di sapersi servire del suo patrimonio fiabesco, che non è una materia morta o un oggetto di divertimento, ma è proprio una trasformazione della vita”. Resta da aggiungere solo che il testo presenta delle bizzarre note a piè di pagina e delle avvertenze iniziali, che sono (oltre a essere una citazione di Bruno Munari) occasioni per nuove storie. Un apprezzamento particolare, infine, va all’illustratrice parigina (ma ora residente a Londra) Clémence Pollet, che mediante un lavoro grafico contemporaneo, dettagli raffinati e un innovativo uso del colore (quasi esclusivamente rosso, blu, verde), accompagna magistralmente il testo.

Parafrasando l’incipit di Anna Karenina, potremmo dire che tutte le famiglie, felici o infelici che siano, sono diverse tra loro. Perché ce ne sono di ogni tipo: in “alcune le somiglianze si vedono subito, in altre no”, alcune “fanno molto rumore” mentre “ad altre piace circondarsi di silenzio”, alcune hanno cinque bambini oppure “ci sono persone che non hanno figli ma formano comunque una famiglia”. È un libro davvero imperdibile quello dell’autrice (anche drammaturga e sceneggiatrice) tedesca Alexandra Maxeiner, uscito in Germania nel 2010 e vincitore del Deutscher Jugendliteratur (Premio per la letteratura giovanile): “In famiglia! Tutto sul figlio della nuova compagna del fratello della ex moglie del padre… e altri parenti”. A illustrarlo è la disegnatrice tedesca Anke Kuhl, che arricchisce il volume con un lavoro grafico colorato, vivace e vignettistico davvero notevole.

Il volume passa in esame, in modo ironico e divertente, tutte le famiglie possibili: le tradizionali e le separate, le “patchwork” (dove si sommano padri risposati, sorelle acquisite, fratelli di madre) e le “arcobaleno”, le coppie senza figli e quelle con figli adottivi. Un caleidoscopio di possibilità, dove “ogni famiglia ha il suo odore”, che si scopre “se inspiriamo profondamente per annusare i vestiti o i peluche”. A tenere assieme ogni famiglia è l’amore, che nella realtà contemporanea si declina in una pluralità di rapporti. “Il nostro intento era mostrare la diversità delle famiglie senza esprimere alcun giudizio”, ha spiegato l’autrice in una recente intervista: “Le famiglie tradizionali hanno dominato per molto tempo la letteratura per bambini e ragazzi, ma adesso emergono modelli alternativi. Penso sia legittimo indicare la famiglia canonica come una forma desiderabile, ma cruciale è la felicità del bambino. Deve sentirsi al sicuro, protetto, amato, e qualsiasi forma gli assicuri questo, che sia tradizionale o allargata, arcobaleno o monoparentale, è quella giusta”.

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