Questa poesia di Emanuele Martinuzzi vuole essere una trasposizione letteraria della natura morta intitolata “le chiavi e il sasso” del celebre pittore Mario Tozzi, fondatore de il Groupe des Sept (Gruppo dei Sette, conosciuti anche come Les Italiens de Paris) con Campigli, de Chirico, de Pisis, Paresce, Savinio e Severini. Nella natura morta in questione si stagliano uno accanto all’altro un mazzo di chiavi e un sasso in tutta la loro contrapposta simbologia. Il sasso in questo caso come qualcosa che sta inerte, ma che potrebbe essere oggetto di contrapposizione, mentre le chiavi nel loro essere simbolicamente oggetti di apertura, rinnovamento o conciliazione. Nella poesia questi elementi diventano il pretesto per far parlare gli oggetti con i sentimenti sia della contrapposizione o ostilità, sia dell’apertura verso l’altro, inteso come porta verso nuove impreviste possibilità.
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Mazzo di chiavi
È il presagio che si trascrive
nei luoghi comuni, la follia
del pessimo tintinnare, non altro
conforto all’incomunicabile
ridondanza di colloqui meccanici,
innamorati senza un perché,
accartocciati nelle ruggini
custodi d’anime le gioie
ondulate rovine del domani.
I tuoi viaggi scontrosi nel tramontare deforme,
le tue linee che si annichiliscono in sorrisi,
i tuoi lamenti che seducono palpebre autunnali,
le tue rughe che perfezionano le disarmonie,
sono, al mio aureo essere senza serratura, porte.