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65° Festival Internazionale di Musica Contemporanea di Venezia/2: Biennale Anno Uno

Due puntate per raccontarvi il 65. Festival Internazionale di Musica Contemporanea di Venezia

Prima i seniores poi i juniores.

Se la prima parte della settimana si era concentrata sui nomi di richiamo, sia in cartellone che in esecuzione, gli ultimi giorni di questa 65. Biennale si sono concentrati su quei progetti che negli ultimi anni hanno riservato delle bellissime sorprese: le residenze Biennale College.

 

A loro gli eventi di chiusura del 26 settembre, prima nel pomeriggio con il programma retto dai Neue Vocalsolisten e poi dalle tre performance sperimentali in live electronics al Teatro Piccolo Arsenale di Daniele Carcassi, Agita Reke e X.Lee.

Nel primo evento, i Neue Vocalsolisten hanno dimostrato quell’affiatamento ed estrema precisione ritmico-vocale che gli ha meritato il riconoscimento argenteo veneziano, confermando contemporaneamente quel carente approfondimento macro-drammaturgico tendenzialmente appannaggio di un direttore.

Così i due brani dei giovani autori, ‘ir’ per ensemble e tape di Manuel Hidalgo Navas, sfogo vocale di un’amore finito, e ‘The difference between being and staying ’ di Maria Vincenza Cabizza, mosaico babelico di un linguaggio in via di estinzione, sono sembrati mancare di quello studio e perfezionamento che forse, dato l’interessante background dei brani, entrami meritavano. Approfondimento che invece è stato riservato invece alla ripresa, dopo la prima assoluta del 2012, di ‘Herzstück’ di Luca Francesconi, critica all’impoverimento dei significati nella società sovraccarica di informazioni, la cui esecuzione, molto più spigliata e partecipata, ha concluso il concerto.

Il tempo di un po’ di pioggia per poi assistere alle opere sviluppate dai tre performer sopracitati durante la residenza veneziana. Esibizioni interessanti, fra loro molto diverse che esaltavano la ricerca artistica personale. Se ‘Zero’ di Daniele Carcassi puntava più sull’utilizzo di impulsi elettronici e vocali per creare delle personali atmosfere compositive, ‘B-Network’ di Agita Reke si è concentrata più sulla componente descrittiva della propria esperienza durante le sessioni di Yoga Nidra, mentre, infine, il concerto raggiungeva apice e conclusione nell’energetica performance di ‘RADIOMANCER’ di X.Lee.

Esperimento concertistico contornato però da una sensazione generale di accademizzazione (o se mi permettete il neologismo classicalmusic-washing) di manifestazioni simili che da anni colorano il calendario dei giovani appassionati di musica elettronica.

Il forte rischio di rendere compìte queste esibizioni (pubblico seduto in religioso silenzio all’interno di un teatro) le priva di quella linfa vitale che risiede nella libertà data al pubblico di reagire alla musica nella maniera più personale, magari bevendosi una birra, arrivando, quindi, a non accontentare nessuno, né il pubblico della contemporanea ‘classica’ che non potrà apprezzare la forza di queste manifestazioni né il pubblico giovane dei festival di musica elettronica.

Molta gioventù anche nell’esibizione di Jennifer Walshe, in cui  l’EVO Ensemble, già protagonista di altri eventi in calendario, ha fatto da sparring partner più che da ensemble vocale. 

Se da una parte la performance della compositrice è stata molto apprezzata dal pubblico presente, che ha risposto costantemente all’irriverenza ironica della performer irlandese, dall’altra va detto che nel suo ‘Is it cool to try hard now?’, ufficialmente per voce, video ed elettronica, di musica se ne potesse sentire veramente poca, entrando magari più nella sfera d’interesse di un TedX talk (dati anche gli interessanti argomenti scientifici proposti) che di un concerto della Biennale Musica, fatta eccezione per alcuni frammenti, appannaggio dell’EVO Ensemble, dell’ ‘A late anthology of early music vol.1’ , in cui venivano portate in scena le opere canoniche della storia musicale occidentale rimodellate dall’intelligenza artificiale.

A conclusione di questa carrellata di fine settimana, l’ultimo degli appuntamenti in terraferma, ovvero la gioiosa performance di Joy Frempong, la quale, approfittando delle sonorità melodiche e pop, veicola messaggi e dibattiti su argomenti come integrazione e cambiamento, nei suoi testi.

Un bilanciamento funzionale fra seniores e juniores che va sulla strada già solcata negli ultimi anni che quindi ha raccontato di un cambio di rotta graduale. Una sapiente scelta che non ha creato una netta crepa con il passato ma ne ha preso gli aspetti più positivi e consolidati (Biennale College, focus su strumenti specifici, etc) aggiungendoci alcuni elementi di novità. 

Grandi attese, quindi, per le prossime edizioni che rispettivamente saranno dedicate al teatro musicale strumentale (2022), alla musica registrata e amplificata (2023) e infine alla musica assoluta (2024).

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