Il tenore Luciano Ganci è atteso al Teatro Alighieri di Ravenna al debutto
come Aroldo nell’omonima opera di Verdi, in scena il 14 e 16 gennaio con
drammaturgia e regia di Emilio Sala e Edoardo Sanchi, mentre Mario Benzi
dirige l’Orchestra Giovanile Luigi Cherubini e il Coro del Teatro Municipale
di Piacenza preparato da Corrado Casati. Con Ganci cantano Roberta Mantegna
(Mina), Vladimir Stoyanov (Egberto), Adriano Gramigni (Briano) e Riccardo
Rados (Godvino).
Aroldo – una coproduzione dei teatri di Rimini, Ravenna, Modena e Piacenza – dopo Ravenna sarà replicata al Teatro Municipale di Piacenza (21 e 23
gennaio) e al Teatro Comunale di Modena “Pavarotti-Freni” (28 e 30 gennaio).
«Sono particolarmente contento di debuttare questo ruolo, Aroldo, che fa
coppia con Stiffelio già da me debuttato al Festival Verdi di Parma nel
2017» ha dichiarato Luciano Ganci. «È il mio sedicesimo ruolo verdiano e
riveste particolare importanza perché posso provare sulla mia voce quelle
che furono le modifiche apportate da Verdi alla partitura dello Stiffelio
per creare Aroldo.
I paragoni e le similitudini sono impossibili da evitare,
anche perché l’impianto drammaturgico ne propone diversi. Il carattere di
Aroldo, rispetto a Stiffelio, è forse meno definito in quanto la trama lì si
reggeva maggiormente sul ruolo che il protagonista aveva nella società. La
bellezza di queste opere risiede nelle storie ben celate fra le righe,
quelle sfumature che danno profondità ai gesti, alle parole e quindi alle
intenzioni dei personaggi. Aroldo, rispetto a Stiffelio, ha un’aria che
riprende il tema iniziale del preludio: un cantabile prezioso ove rinnova
l’amore per la sua Mina, che poi scoprirà autrice di un tradimento.
La storia si incentra proprio su questo, sul tradimento subito da Aroldo
dalla moglie Mina mentre lo stesso era impegnato in una crociata. Nell’opera
si parte da questo ed intorno a questo ruota tutta la vicenda, quindi posso
definire questa opera come quella del tradimento coniugale.
Questa è la lettura più superficiale della vicenda, ma il messaggio in essa celato è, a
mio avviso, molto più profondo anche se meno definito rispetto allo stesso
lanciato da Stiffelio. Aroldo viene sì tradito dalla moglie, che poi rivela
essere stata vittima di un non meglio specificato inganno, ma Aroldo ha
anteposto alla moglie ed alla vita coniugale i “doveri” di un crociato.
Esso tradisce per primo la moglie non dandole l’attenzione che ogni donna merita
ed ella cade, indebolita, in un tranello che la porterà al tradimento.
Aroldo è quindi il primo a tradire, e Mina è doppiamente tradita.
In Stiffelio il perdono del pastore avviene in chiesa, durante la lettura
delle Sacre Scritture, alla fine del terzo atto, mentre in Aroldo viene
inserita una suggestiva preghiera alla fine del terzo atto, a cappella, per
spostare la vicenda e l’evoluzione dell’opera al successivo quarto atto.
In questo quarto atto viene inserita una tempesta, qui avviene l’abbandono di
Aroldo del tetto coniugale per fuggire dalle “voci” ruotate attorno a questo
chiarimento e dopo l’uccisione del traditore. Qui avviene il perdono di Mina
dopo che Briano cita una frase della Sacra Scrittura, “il sasso scagliato
sia primo da quegli ch’è senza peccato”, che, citata da chi salvò Aroldo in
battaglia e lo seguì come fedele compagno, suona come monito alla condotta
dello stesso Aroldo non proprio confacente ad un uomo fedele, disvelando
quindi il doppio tradimento del protagonista.
Il messaggio, di forte impatto, alla fine porta un finale insolito perché nessuno dei tre
protagonisti muore, morirà soltanto di espiazione colui che, tradendo Mina,
ha spinto la stessa a tradire Aroldo. Dal punto di vista vocale trovo
quest’opera magnificente e di grande gusto per il tenore: Verdi dona al
protagonista pagine dove l’afflato lirico, l’impeto drammatico e il
disperato abbandono rendono questo ruolo completo e complesso.
L’aria, come precedentemente accennato, riprende il tema della tromba solista del
preludio ed unisce in una sorta di cantabile agitato il duettino con Mina.
Alcuni passaggi particolarmente ostici dello Stiffelio sono stati qui
revisionati, in alcuni punti addirittura con un trasporto di mezzo tono
sotto. Siamo in un periodo di produzione del Cigno di Busseto
particolarmente felice e di grande evoluzione, sebbene non fosse molto
contento della reazione della censura al suo Stiffelio.
Caratterialmente c’è da aggiungere che, proprio per la mancanza degli attributi sacerdotali di cui era rivestito Stiffelio, in Aroldo il personaggio risulta un pochino più
soggetto al carattere agrodolce del suocero Egberto, sempre pieno di
dignitoso rimprovero per lui e per la moglie Mina. Posso ritenere che il
carattere quasi flemmatico dell’inglese Aroldo si manifesta molto nel primo
atto, dopodiché si sovrappone a quello di Stiffelio, più incline a farsi
scuotere dagli eventi e a reagire. Un titolo da riscoprire assolutamente,
assieme a Stiffelio. Ogni nota e ogni composizione di Verdi racchiudono
storia di patria e storia di tutti noi. Veniamo da lì, non possiamo
dimenticarlo!»
Per tutte le altre informazioni:
https://www.teatroalighieri.org/events/aroldo/
https://teatripiacenza.it/event/aroldo/
https://teatrocomunalemodena.it/spettacolo/aroldo/2022-01-28/