di e con Claudio Ascoli e Sissi Abbondanza.E con Salomè Baldion e Sara TombelliSuoni Francesco LascialfariLuci Teresa PalminielloMusiche Alessio RinaldiFoto Paolo Lauri
La compagnia teatrale dei Chille de la balanza che, da oltre 25 anni, anima il presidio culturale dell’ex-città manicomio fiorentina di San Salvi, in occasione del centenario della nascita di Franco Basaglia, realizza un Festival culturale che si protrarrà sino a luglio; all’interno di questa particolare cornice è andata in scena, in prima assoluta, la rivisitazione di una conferenza che lo psichiatra tenne in Brasile nel 1979, dove espresse l’essenza del suo impegno per il superamento del manicomio come luogo di contenimento e alienazione dei pazienti e la sua idea innovativa di salute mentale, che contribuì attivamente alla nascita della legge 180/78.
Claudio Ascoli, insieme a Sissi Abbondanza, sua compagna di vita e di teatro da quarantacinque anni, è voluto uscire dai canoni della celebrazione del personaggio storico, per entrare nei concetti più vivi dell’opera della persona, secondo un esercizio di forte valore simbolico che ha incarnato, nell’azione interpretativa, il significato stesso della liberazione dei ristretti dal contesto manicomiale, ma anche, e più ampiamente, la liberazione dai preconcetti stringenti che hanno condizionato, per secoli, la visione della malattia psichica, trasformandola in uno stigma sociale.
Attraverso il dialogo con gli attori seduti in platea, il regista e attore ha saputo riproporre la profonda riflessione di Franco Basaglia e di sua moglie Franca Ongaro, coinvolgendo efficacemente il pubblico, secondo la precisa volontà di creazione di una comunità viva e pensante, da sempre a fondamento di tutta la sua opera artistica.
La sala stessa dell’evento, per sua conformazione, ha offerto agli spettatori la possibilità di occupare uno spazio già progettato per la condivisione, con le poltrone orientate, come i gradoni di un teatro greco o di una vecchia aula di lezione, in una posizione sopraelevata rispetto al centro della scena che si è trasformata realmente in luogo di apprendimento e di scoperta; lo spettatore dei Chille non subisce lo spettacolo, ma è al suo interno, lo vive, lo interpreta, in una straordinaria atmosfera di intima partecipazione, catturata dalle luci nette che abbracciano i due protagonisti, nel buio circostante, di volta in volta impreziosito da proiezioni e filmati che appaiono sul fondo delle due scrivanie vicine. L’esperienza è documentaristica e metateatrale: Claudio e Sissi sono Franco e Franca, ma discutono anche di Franco e Franca, di come interpretarli, di come rendere giustizia al loro operato, accompagnando a comprendere la loro scelta interpretativa, condividendo la costruzione della trama, ricostruendo insieme l’allestimento scenografico e rivivendo personalmente le questioni di carattere storico e sociale affrontate dai protagonisti, chiedendo espressamente al pubblico, contro tutti i muri che ancora rischiano di separare, di annotare le loro domande su dei taccuini distribuiti, in un lavoro di gestazione intellettuale di gruppo che sembra costantemente in fieri.
La messa in discussione dei fatti permette di valutare che quanto è accaduto può ancora accadere: e accade nei luoghi drammaticamente predisposti all’accoglienza delle marginalità, in un periodo storico di crisi dei valori e dei diritti umani.
Perciò il progetto affonda nella memoria per dedicarsi al presente, al tema del lavoro, della parità uomo-donna, della dignità umana come motore del progresso civile, secondo un impegno veramente improntato a creare coscienza collettiva, consapevolezza, senso critico, a partire dal pensiero fondamentale della cura come fonte di arricchimento.
La lotta è quella di sempre: non vincere, ma convincere, attraverso l’ottimismo della pratica e la parità come garanzia di reciprocità; sono, infatti, la miseria e la repressione a produrre emarginazione e devianze.
Ines Arsì