È uno sguardo che punta verso il cielo, verso il futuro, verso nuovi mondi tutti da immaginare e da costruire. È anche uno sguardo carico di segni, rughe, esperienze vissute in altri tempi e in altri luoghi, capace proprio per questo di interpretare il presente annodando i fili di un percorso, quello della nostra specie sulla terra, che contiene in sé tutto ciò di cui abbiamo bisogno per essere, finalmente, abitanti saggi e consapevoli. Questo sguardo, immortalato dallo scatto di Marco Dal Maso e Andrea Garzotto, è quello di Terrestri 2018.19, la nuova stagione del contemporaneo del Teatro Astra. Un viaggio in 10 spettacoli per confrontarci con la nostra contemporaneità, esplorare orizzonti più vasti ed elaborare, insieme, la chiave per cavalcare con coraggio e creatività le sfide e i cambiamenti epocali che attraversano la nostra società.
Grandi nomi della scena nazionale come Teatro delle Albe, Emma Dante e Davide Enia, esponenti di spicco della nuova drammaturgia come Marta Cuscunà, Fratelli Dalla Via, Timpano/Frosini, Betto/Artuso, Babilonia Teatri, e giovani talenti come Sotterraneo e Doyoudada ci accompagneranno in questa nuova avventura, tra teatro d’attore e nuovi linguaggi, parola e danza, video e musica. Mito, genere, tecnologia; pace e guerra, reale e virtuale; e ancora religioni e migrazioni, la bellezza e l’immagine, l’eredità del passato e la costruzione del futuro. Quello che siamo, che siamo stati e che vogliamo essere da qui in avanti. Ancora una volta, Terrestri.
Affianca il cartellone una progettualità su più livelli, dedicata alla partecipazione attiva dello spettatore in quanto soggetto creativo, portatore di contenuti e attore di cambiamento: spazi di approfondimento, espressione, condivisione ed elaborazione di significati, per un teatro che sia davvero bene comune.
Nina Zanotelli / Sergio Meggiolan
La Piccionaia Centro di Produzione Teatrale
———
Inaugura il cartellone, venerdì 16 e sabato 17 novembre, uno dei talenti più fulgidi della scena nazionale, la straordinaria Marta Cuscunà che porterà in scena in prima regionale il suo ultimo spettacolo dal titolo IL CANTO DELLA CADUTA. In questo nuovo viaggio di resistenza, la giovane attrice e drammaturga friulana sarà accompagnata da quattro corvi meccanici e da due pupazzi ispirati alla street art di Herakut e racconterà il mito di Fanes, antica tradizione popolare dei Ladini, ovvero di quella piccola minoranza etnica che abita le valli centrali delle Dolomiti. La leggenda parla della fine del regno pacifico delle donne e dell’inizio di un’epoca di violenza e sopraffazione, contrassegnata dal dominio maschile sulle ricchezze, sulle terre, sulle donne e sugli altri popoli. È il canto nero della caduta nell’orrore della guerra. Ma è davvero solo un mito? La guerra è davvero parte ineluttabile del destino dell’umanità? Studiose come l’archeologa Marija Gimbutas e l’antropologa Riane Eisler hanno teorizzato che nel neolitico, millenni prima dell’avvento di quelle che sono state finora considerate le prime grandi civiltà della storia, l’Europa fosse abitata da società prevalentemente egualitarie e pacifiche, in cui il rapporto fra generi era paritario e il femminile era centrale nella visione del sacro e nella struttura sociale. Quella che è solitamente presentata come un’utopia potrebbe essere dunque un’alternativa non solo possibile ma, addirittura, già esistita.
Ancora una prima regionale, venerdì 30 novembre con il giovane collettivo fiorentino Sotterraneo e il suo “OVERLOAD”, vincitore del Premio Best of Be Festival Tour 2016 (tour in Spagna & Regno Unito). Arguto e beffardo, ludico e spietato, lo spettacolo porta in scena lo scrittore americano David Foster Wallace nell’atto di pronunciare un discorso che assume presto la struttura di un ipertesto, dove link improvvisi innescano senza soluzione di continuità possibili azioni e immagini, creando un rimando incessante a contenuti extra che solo il pubblico decide se attivare o meno. Sovrastimolati dalle informazioni, viviamo in uno stato di allerta continua che gli antichi conoscevano solo in battaglia. Il rumore di fondo cresce in tutto il pianeta, troppo distratto anche solo per riuscire a sopravvivere. Non dovremmo forse fare più silenzio e prestare più attenzione? Così, il discorso di Wallace rischia di non compiersi mai, frantumato da un sistema di salti e interruzioni molto simile alla nostra esperienza quotidiana: è possibile usare questo stato confusionale per una riflessione sull’ecologia dell’attenzione?
Venerdì 14 e sabato 15 dicembre doppio appuntamento con l’ultimo lavoro dei Fratelli Dalla Via, l’esplosiva compagnia che da Tonezza del Cimone ha conquistato i palcoscenici nazionali con i suoi ritratti ironici e corrosivi della società contemporanea. “WALTER. I BOSCHI A NORD DEL FUTURO” porterà gli spettatori in un’Europa delle autonomie, una confederazione di agglomerati urbani indipendenti in cui l’intera popolazione è raccolta in città stato ecosostenibili e iper-tecnologiche. Le aree montane, periferiche e a bassa densità abitativa, dove non è stato possibile garantire la copertura totale e costante con il segnale unico digitale, sono state definitivamente abbandonate ed inibite alla presenza umana. Tutto è pulito, connesso, controllato. Tutto il resto, semplicemente, non esiste. Eppure, da qualche parte c’è ancora, sporchissimo, il reale. “WALTER” racconta di tre anime in cammino nel cuore della notte. Anime solitarie che addentrandosi nel cupo candore di una foresta proibita ci parlano di ciò che hanno dovuto perdere e scoprono cosa stanno realmente cercando. Un rave party, un ragazzo disperso, una vecchia pompa di benzina: “WALTER” è una matrioska di sparizioni in cui le cose possono rivelarsi solo attraverso le tracce di ciò che furono. Se tutto si eclissa nello specchio del suo contrario, anche il buio e il silenzio hanno qualcosa da dire, e la fine diventa l’inizio di un nuovo cammino.
Venerdì 18 gennaio 2019 sarà la volta di una compagnia che ha fatto la storia del teatro di ricerca contemporaneo: i ravennati Teatro delle Albe, che presenteranno “MARYAM”, spettacolo che prende il titolo dal nome di una figura centrale nella cultura islamica, quello della madre di Gesù nel Corano. Ermanna Montanari dà voce a tre donne palestinesi che condividono con Maria il dolore per la morte dei figli e dei fratelli dovute all’ingiustizia e agli orrori del mondo. Madri che si rivolgono a lei per chiedere consolazione o per gridare la propria rabbia, per reclamare vendetta o semplicemente per invocare una risposta al perché della guerra e della violenza. La invocano come accade in tanti santuari musulmani del Medio Oriente e del Maghreb. Ed è infine Maryam stessa ad apparire e a condividere, madre tra le madri, il dolore di quelle donne. Con questo spettacolo, le Albe tornano a collaborare con lo scrittore Finalista Premio Campiello 2016 Luca Doninelli e prosegue sulla strada della sperimentazione sul connubio tra la voce caleidoscopica della Montanari e la musica potente di Luigi Ceccarelli
Sabato 2 febbraio saliranno per la prima volta sul palco dell’Astra Daniele Timpano ed Elvira Frosini con “ACQUA DI COLONIA”, sul tema del colonialismo italiano: una storia rimossa e negata, che dura 60 anni e inizia già nell’Ottocento, ma che nell’immaginario comune si riduce ai cinque anni dell’impero fascista. Cose sporche sotto il tappetino: tanto erano altri tempi, non eravamo noi, chi se ne importa. È acqua passata, acqua di colonia, cosa c’entra col presente? Eppure ci è rimasta addosso come carta moschicida, in frasi fatte, luoghi comuni, nel nostro stesso sguardo. Vista dall’Italia, l’Africa è tutta uguale, astratta e misteriosa come la immaginavano nell’Ottocento. Somalia, Libia, Eritrea, Etiopia sono nomi, non paesi reali, e comunque “noi” con “loro” non c’entriamo niente; gli africani stessi sono tutti uguali. E i profughi, i migranti che oggi ci troviamo intorno, sull’autobus, per strada, anche loro sono astratti, immagini, corpi, identità la cui esistenza è irreale: non riusciamo a giustificarli nel nostro presente. Come un vecchio incubo che ritorna, incomprensibile, che ci piomba addosso come un macigno.
Ancora un doppio appuntamento, e ancora un grande nome della scena: venerdì 15 e sabato 16 febbraio la regista siciliana Emma Dante presenterà infatti “LA SCORTECATA”. Liberamente tratto da “Lo cunto de li cunti” di Giambattista Basile, grande autore del ‘600 napoletano, lo spettacolo è la storia di un re che s’innamora, ingannato, di una vecchia, finchè questa viene trasformata da una fata in una bellissima giovane ed egli la sposa. Ma la sorella, altrettanto vecchia e invidiosa dell’altra, per farsi anche lei bella e giovane si fa scorticare viva per far uscire dalla pelle vecchia la pelle nuova. Col suo stile inconfondibile, Emma Dante indaga il tema della bellezza e dei suoi paradossi. Le due vecchie, sole e brutte, si sopportano a fatica ma non possono vivere l’una senza l’altra. Per far passare il tempo nella loro miseria vita, inscenano la favola con umorismo e una buona dose di trivialità. Come nella tradizione del teatro settecentesco, sul palco solo due uomini a cui sono affidati anche i ruoli femminili. Basteranno due seggiulelle per fare il vascio, una porta per fare entra ed esci dalla catapecchia e un castello in miniatura per evocare il sogno.
Opera prima della giovane compagnia italo-francese Doyoudada, sabato 02 marzo sarà la volta di “SELFIE // STICK”, una performance di teatro, live video e danza che nasce dalla riflessione sul rapporto del soggetto con la propria immagine, in privato e in pubblico. Fino a che punto le nostre azioni sono influenzate dallo sguardo altrui? Cosa determina l’identità, il genere, la personalità? In che modo le tecnologie esasperano il rapporto con la nostra immagine? Il lavoro indaga le fratture e le connessioni tra il sé e l’altro, tra natura e cultura, tra maschile e femminile (e tutte le infinite vie di mezzo) attraverso i corpi e le immagini di due figure, amplificate dalle tecnologie in diretta. Due performer incarnano l’una il corpo visivo, l’altra il corpo sonoro: due figure complementari, l’interno e l’esterno della stessa persona. Guardarsi, mostrarsi, analizzarsi, vedersi, riflettersi, ascoltarsi, annusarsi, toccarsi. “SELFIE // STICK” è tutto ciò che ci riguarda, moltiplicato all’infinito. È il mondo intero racchiuso in una galleria di specchi. Sono io che scrivo, tu che leggi, lei che danza, noi che ascoltiamo, voi che guardate. È una ricerca: e se sapessimo cosa stiamo cercando, non la chiameremmo ricerca (A. Einstein).
Sarà un atteso ritorno quello di Davide Enia, già Premio Ubu, Premio Tondelli e Premio ETI, che sabato 16 marzo tornerà dopo 11 anni sul palco dell’Astra per presentare in prima regionale il suo ultimo lavoro dal titolo “L’ABISSO”, tratto dal libro “Appunti per un naufragio” scritto dallo stesso Enia. “Il primo sbarco l’ho visto a Lampedusa. A guadagnare la terra erano in tantissimi, ragazzini e bambine per lo più. Stravolti, stanchissimi, confusi, erano cinquecentoventitré persone sottratte alla morte in mare aperto. Con me c’era mio padre quel giorno. Assistemmo assieme a qualcosa di smisurato. Da quel giorno ho iniziato ad ascoltare i testimoni diretti di ciò che succede nella frontiera: i pescatori e il personale della Guardia Costiera, gli operatori medici e i lampedusani, i volontari e le persone sbarcate sull’isola. Dalla registrazione delle loro voci sono emersi frammenti di storie dolorosissime eppure cariche di speranza, nonostante risuonasse di continuo un carico di morte impossibile da gestire da soli. Le loro parole aprivano prospettive e celavano abissi. Avevano le stimmate della guerra”. Un racconto urgente e profondo, intessuto di antichi canti di pescatori intonati lungo le rotte tra Sicilia e Africa e melodie a più voci che si intrecciano senza sosta, fino a diventare preghiere cariche di rabbia, quando il mare ruggisce e nelle reti, assieme al pescato, si ritrovano i cadaveri di uomini, donne, “piccirìddi”.
Venerdì 29 marzo sarà invece la volta di “NEVE”, di e con Giovanni Betto per la regia di Mirko Artuso. Lo spettacolo è stato selezionato tra i 6 lavori finalisti di In-Box, la più grande rete nazionale per la circuitazione del teatro emergente, da un gruppo di spettatori del Teatro Astra all’interno del progetto “Astranauti”. Un lavoro che ci riporta in Russia, nel gennaio 1943, dove un uomo, poi dato per disperso, fa la sua scelta fra la vita e la morte. Una scelta che segnerà il destino di molti: così, in qualche modo quest’uomo ritorna “vivo”, come ombra portata dal vento del tempo. L’eco di quella scelta ha nel frattempo travolto una moglie, poi una figlia, poi un nipote. Il nipote, oggi, esige risposte. E il “presunto morto” parla. Uno spettacolo incentrato sull’elaborazione del lutto: anche se, in questo caso, si tratta di un lutto “presunto”, perché ci sono un “presunto morto” e una “presunta vedova”. Occorre prendersi cura del dolore, sennò il dolore si trasmette. E la morte, presunta o vera che sia, non può togliere la vita. Per questo si alza la voce: per gridare l’attaccamento alla vita, istintivo, viscerale, che ci invita a gioire, ad amare e a inseguire il nostro essere di felicità. Per scioglierla, la neve. Tutta.
Chiude il cartellone, sabato 13 aprile, Babilonia Teatri con “CALCINCULO”, co-prodotto da La Piccionaia e Operaestate Festival Veneto. Ultimo capitolo della ricerca allo stesso tempo pop e sovversiva della compagnia veronese che ha rivoluzionato le regole della sintassi teatrale, “CALCINCULO”è uno spettacolo in cui le parole prendono la forma della musica e la musica prende la forma delle parole. Con lo sguardo tagliente, dolente e ironico che è la cifra di Babilonia Teatri, “CALCINCULO” racconta il mondo che ci circonda, le sue perversioni e le sue fughe da se stesso, la sua incapacità di immaginare un futuro, di sognarlo, di tendere verso un’ideale, di credere. “Abbiamo smesso di andare a votare. Abbiamo deciso che è arcaico esprimere un’opinione all’interno di una collettività negli ambiti che ci competono. Attorno a noi tutto sembra così veloce da non riuscire a trattenere niente. Sembriamo dinosauri sopravvissuti alle glaciazioni. Realtà e finzione si sovrappongono: spesso non è chiaro dove finisca la vita reale e dove inizi la sua rappresentazione, e viceversa. Le contraddizioni che osserviamo sono prima di tutto le nostre. Cantami o diva dell’ira di oggi. Cantiamo sulle macerie”.
———
ABBONAMENTO COMPLETO (10 spettacoli)
intero € 100 | ridotto € 85
———
CARNET (5 spettacoli a scelta)
intero € 65 | ridotto € 55
———
ASTRA CARD 5 INGRESSI € 25
riservata agli studenti delle scuole superiori, utilizzabile anche da più persone per lo stesso spettacolo
———
BIGLIETTI
intero € 15 | ridotto € 12
speciale € 10 gruppi di min. 10 persone
corsisti scuole di teatro e danza € 8
———
INFO E PREVENDITE
La Piccionaia – Ufficio Teatro Astra
Contrà Barche 55, Vicenza
0444 323725 – info@teatroastra.it
www.teatroastra.it/terrestri
Facebook: Terrestri – Teatro Astra
———
ORARI DI APERTURA AL PUBBLICO
dal mercoledì al venerdì
ore 10 – 13 e 15 – 17.45
nei giorni di spettacolo in teatro dalle ore 20