L’Orchestra di Piazza Vittorio ci ha abituati alla riproposizione di repertori classici secondo i propri stilemi di compagine multietnica in un crogiuolo di razze, lingue e suoni.
In questo Don Giovanni, in scena per la stagione dell’Accademia Filarmonica Romana, non ci sono strumenti etnici ma c’è il ribaltamento dei ruoli, con un’interprete femminile come protagonista. In un’opera condensata e rielaborata spaziando tra generi musicali e idiomi c’è la musica di Mozart rivisitata attraverso ritmi jazz, rock, pop, reggae, disco e psichedelica e c’è il testo del libretto che intreccia italiano, brasiliano, spagnolo, inglese, francese, arabo.
Petra Magoni esprime una vocalità strabiliante e particolarissima di notevole estensione rendendoci un Don Giovanni raffinato e androgino che, divertendosi, incanta donne e uomini, come un’icona moderna. Donna Anna resa dalla voce calda della vocalist dei 99 Posse Simona Boo, è fedele a Don Ottavio (il portoghese Evandro Dos Reis) anch’egli ammaliato dal seduttore, la petulante Donna Elvira abbandonata incinta e non ancora rassegnata è impersonata dalla voce lirica dell’albanese Hersi Matmuja, la popolana Zerlina (Mama Marjas/Frances Alina Ascione) trascura il neo marito Masetto (Houcine Ataa) per trascorrere la notte delle nozze con il conquistatore. Funge da trait d’union fra carnefice e vittime il servo Leporello (Mama Marjas / Pap Yeri Samb) che tenta inutilmente di metterle in guardia dalle evoluzioni amatorie che volteggiano tra lusinghe e abbandoni.
Gli stati d’animo sono espressi nella lingua più consona a veicolare un particolare sentimento che si fa strada tra le arie più celebri del libretto di Da Ponte come “Notte e giorno faticar”, “Là ci darem la mano”, “Madamina, il catalogo è questo”, “Vedrai, carino” mentre si inseguono i ritmi dal Nord Africa al Sud America.
Innovazione e tradizione, moderno e classico, con la direzione artistica di Mario Tronco, la direzione musicale di Leandro Piccioni e la regia di Andrea Renzi che hanno realizzato uno spettacolo originale e colto ma non dissacrante, mantenuto nell’alveo dello spirito mozartiano, con le arie più significative cantate in italiano.
L’ambientazione da Music Club degli anni Venti (scenografia di Barbara Bessi) rompe i canoni tradizionali. Don Giovanni è il proprietario del locale, autore delle musiche e direttore dell’orchestra di musicisti con al pianoforte Leandro Piccioni, al contrabbasso Pino Pecorelli, alla batteria Ernesto Lopez Maturell, alle chitarre Emanuele Bultrini, alle tastiere Andrea Pesce. Egli snoda il fil rouge della vicenda impostando una diversa lettura delle dinamiche col racconto delle sue abitudini mentre si muove in libertà sulla scena, elegante e sinuoso col frac bianco e blu, calzoni alla caviglia e calzettoni a righe (costumi di Ortensia de Francesco) che esprimono la sua diversità senza ricorrere a travestimenti. In questo fumoso locale dove incombe una poltrona-trono metafora del potere seduttivo, la vicenda assume una connotazione spassosa e scanzonata con le parti cantate che virano da un idioma all’altro, i ritmi che spaziano nei vari generi musicali e i musicisti che svolgono ruoli da protagonisti insieme ai cantanti. Su un disco sospeso vengono proiettate le illustrazioni di Daniele Spanò con gli approcci amorosi di una figura maschile che precipita in una nuvola di fuoco.
Vitalità prorompente, musica travolgente, sensualità affrancata dalla caratterizzazione di genere e sempre vincente, sia nella conquista come nel rifiuto, che corre verso il finale, sovvertito anch’esso, con l’esplosione di vitalità di “I Feel Love” di Donna Summer.
Nata nel 2002 dall’idea di Mario Tronco e Agostino Ferrente, l’Orchestra di Piazza Vittorio promuove la ricerca e l’integrazione di repertori musicali diversi attraverso i suoi musicisti che provengono da tutto il mondo.