“Sei nato povero, ma morirai regina”. Così recita la bizzarra profezia sul destino del protagonista di questo monologo brillante, in cui l’impresa dei Mille viene rievocata con un’ironia intelligente, che sdrammatizza la storia, rovesciandone i luoghi comuni. Giosuè Borghini non è come tutti gli altri uomini di Garibaldi, perché lui alla guerra non ci pensava proprio, e fra i Mille ci finisce solo per un brutto scherzo dei suoi amici che, per prendersi gioco di lui che è omosessuale, lo danno in pasto a quelli che “forse non sono proprio dei briganti, ma di certo sono fuori di senno, parlano solo e sempre di patria, di Italia unita, di cacciar via lo straniero, di sacri confini”… Si preannuncia un incubo per il povero Giosuè, costretto a imbracciare un fucile e a mostrarsi più maschio dei maschi in mezzo alla sporcizia e alle salve dei cannoni. Finché un giorno il generale Garibaldi in persona affida proprio a lui una missione speciale: procurargli delle uova fresche per la cena. Da quel momento per Giosuè inizia la gloriosa carriera di cuoco personale del Generalissimo. Giosuè si innamora segretamente di Garibaldi e trova lo scopo di tutta una vita nel preparargli piatti prelibati ogni giorno, nonostante le ristrettezze del momento. Anticipando il finale del testo come cornice dello spettacolo, il regista ha scelto di presentare Giosuè nel giorno della morte di Garibaldi, quando arriva a Caprera per dare l’ultimo saluto all’Eroe dei due Mondi, e si vede respinto, perché un misero cuoco non è degno di stare accanto ai nobili…
È da qui che Giosuè inizia il suo racconto, e ci accompagna dentro la Storia, come l’ha vissuta lui, dove la vera impresa è rubare un uovo a un contadino e servirlo condito al generale, e la vittoria è riceverne in cambio un sorriso. Il regista Alberto Oliva ha immaginato uno spettacolo che unisca al divertimento la riflessione sui temi della patria e del militarismo. Giosuè va controcorrente rispetto ai valori dei suoi contemporanei, avvicinandosi molto alla nostra sensibilità di oggi. Ma se è vero che, centocinquant’anni dopo l’impresa di unire l’Italia, i valori sono cambiati, è anche vero che gli Italiani sono rimasti gli stessi, con l’arte di sapersi sempre arrangiare, la voglia di stare allegri anche nei momenti peggiori, e, soprattutto, il gusto per la buona cucina.
Carroponte
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