di Shakespeare
con MASSIMO RANIERI
e con ROBERTO VANDELLI – GIUSEPPE BISOGNO – FABRIZIO NEVOLA – FEDERICA VINCENTI – MARGHERITA DI RAUSO – CARLA CASSOLA – GAIA BASSI
Regia di Massimo Ranieri
Musiche originali di Ennio
La storia la scrivono i vincitori, e così Shakespeare quando nel suo progetto di raccontare due secoli di storia inglese attraverso il regno di una scissione di sovrani (Riccardo II, Enrico IV, Enrico V, Enrico VI, Riccardo III) arrivò all’ultimo esponente della dinastia dei Plantageneti, descrisse l’ultimo di loro secondo l’ottica della nuova casa regnante, quella dei Tudor, i cui titoli alla successione non erano proprio inossidabili. Che il trono dell’isola fosse a disposizione del più forte e spregiudicato tra molti pretendenti era prassi consolidata: e il Richmond di Shakespeare, futuro Enrico VII nonché padre di Enrico VIII e nonno di Elisabetta I – quest’ultima felicemente regnante al tempo del Bardo – era un pretendente dalle ambizioni non troppo fondate (discendeva dalla vedova di Enrico V e dal suo secondo marito gallese). Logico che appena arrivato alla corona costui si adoperasse per annunciare al mondo di averlo liberato da un uomo indegno, avido, corrotto e crudele, e per di più addirittura fisicamente deforme e respingente, secondo una descrizione che i suoi storici adottarono senza obiezioni. La scoliosi documentata dal recente ritrovamento dello scheletro di Riccardo, che comportò una deviazione della colonna vertebrale e l’abbassamento di una spalla non gli impedì una carriera nelle armi di tutto rispetto; ma consentì alla generazione successiva di descriverlo retrosettivamente come uno scherzo della natura, fisicamente ripugnante. Ligio all’interpretazione ufficiale, Shakespeare fa dunque di re Riccardo III, semplicemente, un mostro. Ma poiché siamo a teatro, e un personaggio soltanto disgustoso sarebbe controproducente, ne fa allo stesso tempo un uomo dal fascino irresistibile e dall’energia travolgente. In un ambiente – quello delle alte sfere del potere – dove tutti sono corrotti, infidi e privi di scrupoli, Riccardo sa di essere il più intelligente, più forte e più deciso di tutti. Grande manipolatore, sommo burattinaio, non trova chi gli si opponga: con la violenza o con la persuasione ottiene che gli altri assecondino i suoi progetti, ovvero gli facciano direttamente da sicario. Nella più audace scena di seduzione di tutto il teatro mondiale alla sua forza trascinatrice cede persino la nuora di una sua vittima nonché vedova di un’altra. Ma Shakespeare non sarebbe Shakespeare se il suo racconto fosse a senso unico. Mostrando il progresso inarrestabile di questo archetipo di “villain” – uno dei primi “uomini che adorate odiare” – l’autore insinua anche il sospetto che costui non rappresenti la clamorosa eccezione (il Male che una volta eliminato non tornerà mai più) ma piuttosto l’esasperazione della regola. Riccardo fa, cinicamente direttamente, quello che al suo posto farebbero tutti gli altri personaggi, se possedessero la sua carica vitale, che sulla scena si sostanzia in una eloquenza irresistibile: dopo Amleto, è il personaggio shakespiriano che parla di più. E possiamo scommettere che anche con la sua caduta, una volta smaltita la sbornia di sangue, gli sporchi giochi della politica non cesseranno. Masolino d’Amico
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