Racconti di giugno al Piccolo Bellini

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fotoL’ambiente intimo e ristretto del Piccolo Bellini è ideale per le confessioni dell’artista. In scena sul piccolo palco solo un tavolo, una sedia, un microfono, acqua e birra. Pochi oggetti e fogli per raccogliere parole e pensieri di Pippo Delbono. “Questo non è uno spettacolo, ma potrebbe diventarlo” esordisce l’attore e regista che in questa pièce si mette a nudo. “Racconti di giugno” perchè è il mese in cui è nato Delbono, mese che ricorre in alcuni episodi che lo stesso artista racconta al pubblico. Ma in questo monologo vita e arte coincidono e si perdono. È lo stesso attore a narrarci le tante storie della sua esistenza: viaggi, sofferenze, speranze e perdite. E poi il teatro come bisogno di essere altro, desiderio di trovare rifugio mostrandosi, di cancellare l’esistenza per indossare una maschera, innamorarsi dalla vita per non morire. Perchè la storia della vita di Delbono inizia con l’amore per un amico, un compagno che gli fa conoscere le vie oscure della dipendenza. Ma quando si affaccia un’altra via, quella del teatro, quell’amicizia è tradita e mai più ricucita per il dolore della perdita: “ho tradito il mio amico per il teatro”. Con un filo di voce l’attore descrive gli ultimi momenti di vita del suo amico, mima il suo ultimo gesto di saluto da un letto di ospedale gelando il pubblico. Ma da quell’amico l’attore eredita un male incurabile: l’Hiv. E da una perdita nasce il bisogno di innamorarsi di nuovo della vita, di rimanerci attaccato in tutti i modi e con tutte le cure, specie quella del teatro. In tutta la sua carriera Delbono ha messo molto di autobiografico nei suoi testi, e durante la narrazione tornano gli spettacoli di una vita, come “L’urlo” “Gente di plastica” e “La rabbia”. In quest’ultimo l’attore legge le parole di Pasolini, incarna una danza di liberazione, poiché la ricerca della libertà è la chiave per non arrendersi alla fine. Le memorie dell’artista prendono vita sul palco e si fanno emozione per il pubblico. Dai viaggi che hanno segnato la sua vita: la Grecia, la Danimarca, e l’America latina, agli incontri che hanno segnato l’esistenza artistica, con Pepe Robledo, Pina Bausch e l’immancabile Bobò, artista sordomuto e analfabeta strappato all’ospedale giudiziario di Aversa. L’impressione è quella di una confessione, non di uno spettacolo, non di una finzione, ma della verità che nella sua messa a nudo emoziona e piace.

 

Info: www.teatrobellini.it