Il servitore di due padroni

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fotoHa dimostrato indubbiamente un grande coraggio il regista stabiese Antonio Latella, per riproporre una commedia, tra le più famose di Carlo Goldoni. E non un testo qualsiasi, ma bensì “Arlecchino servitore di due padroni” che, reso celebre da Giorgio Strehler (che lo limò per tutto la vita), ora torna in teatro a distanza di 67 anni dalla versione strehleriana con il semplice titolo “Il servitore di due padroni”. Drammaturgia affidata a Ken Porzio. Dimentico dell’Arlecchino di Strehler, qui il protagonista torna a chiamarsi Truffaldino, come nella versione originale e veste con indumenti bianchi anziché colorati. Soltanto poche citazioni sopravvivono della solarità strehleriana, la riscrittura, diretta da Latella, scava nel buio della borghesia goldoniana, nei peccati del testo originale per tramutarsi in spettacolo che suscita più inquietudini che riso. I caratteri della modernità appaiono chiari già dal principio. Al buio della sala si associa un accento americano, l’audio di un canale di news che mostra immagini di incedi e catastrofi. Siamo in un albergo moderno, due porte per lato ed in fondo un ascensore. A fare da “speaker” della vicenda è Brighella. I linguaggi si incrociano, dialetto veneziano, italiano e francese per raccontare la menzogna che è parte integrante di questa commedia. La storia si basa proprio sul “mascheramento”, quello di Beatrice Rasponi, sorella del “defunto” Federigo Rasponi, che avrebbe dovuto sposare Clarice, figlia di Pantalone de’ Bisognosi. Beatrice (Federica Fracassi) irrompe in albergo nei panni del fratello per andare in cerca dell’amante Florindo Aretusi. Truffaldino si trova ad essere servo di due padroni: Beatrice e Florindo, presentatosi sotto il falso nome di Orazio Ardenti. Federigo Rasponi non farà altro che intromettersi tra Silvio (nuovo futuro sposo) e Clarice.

Ambiguità di generi che Latella cavalca costruendo una commedia affascinante per i ritmi e per le sequenze sceniche. A tratti oscura come è il microcosmo di Goldoni, fatto di menzogne e ipocrisie. Alla fine anche Truffaldino calerà la maschera, lui è il motore ed insieme l’agglomerato delle falsità altrui. Eppure Latella ci mostra che tolta la maschera c’è solo il vuoto. E la scena infatti si spoglia pannello dopo pannello per trasformare il teatro in un immenso spazio privo di ogni elemento.

 

da CARLO GOLDONI

 

regia ANTONIO LATELLA

drammaturgia KEN PONZIO

 

personaggi e interpreti

Pantalone de’ Bisognosi – GIOVANNI FRANZONI

Clarice sua figliola – ELISABETTA VALGOI

Il dottore Lombardi – ANNIBALE PAVONE

Silvio di lui figliolo – ROSARIO TEDESCO

Beatrice in abito da uomo con nome Federigo Rasponi – FEDERICA FRACASSI

Florindo Aretusi di lei amante – MARCO CACCIOLA

Brighella locandiere – MASSIMILIANO SPEZIANI

Smeraldina cameriera di Clarice – LUCIA PERAZA RIOS

Arlecchino/Truffaldino – ROBERTO LATINI

 

scene e costumi ANNELISA ZACCHERIA

luci ROBERT JOHN RESTEGHINI

suono/ sound FRANCO VISIOLI

foto di scena e assistente alla regia BRUNELLA GIOLIVO

produzione Emilia Romagna Teatro Fondazione, Teatro Stabile del Veneto, Fondazione Teatro Metastasio di Prato

 

 

Info: www.teatrobellini.it

 

 

 

 

 

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