“La Tempesta” di Valerio Binasco

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fotoTutto è essenziale quanto inesorabile, nell’adattamento de “La Tempesta” di Shakespeare realizzato dalla Popular Shakespeare Kompany di Valerio Binasco, andato in scena all’Arena del Sole di Bologna. Si entra in quella nave che non ha poppa né prua e si viene catapultati nel metaforico naufragio immaginato dal Bardo in quella che è considerata l’ultima opera teatrale, degna di nota, nella sua sterminata produzione.

Nessuna tempesta simulata nella regia di Binasco – che ha curato anche la traduzione –, solo stasi, a partire da una scenografia immobile di pannelli rossastri entro i quali si aggirano i personaggi, vi si perdono, si ritrovano, s’incontrano e scontrano.

Ci troviamo su un’isola del Mediterraneo nella quale Prospero (interpretato dal regista medesimo), usando la magia, ha trascinato tutti i suoi rivali. Infatti, il Duca di Milano, spodestato e fatto allontanare dal fratello, si ritrova forzatamente esiliato, per molti anni, sull’isola. Dopo aver perfezionato le arti magiche, decide di vendicarsi di chi ha tramato alle sue spalle: il fratello Antonio e il re di Napoli, suo complice. Mentre questi navigano in mare aperto, Prospero invoca una tempesta che scaraventa i malcapitati nell’isola, dove intende fare giustizia.

Ad attendere gli sventurati, oltre al Duca di Milano ci sono sua figlia, l’ignara Miranda, impulsiva e ingenua, molto spaventata dall’ira del padre non conoscendone le ragioni; Calibano, unico abitante dell’isola divenuto poi schiavo di Prospero – interpretato da un bravissimo Gianmaria Martini in grado di creare un personaggio molto espressivo, soprattutto fisicamente – e Ariel, lo spirito che aiuta il Duca nei suoi artifizi occulti, uno dei personaggi più riusciti grazie all’interpretazione di Fabrizio Contri che ne fa un folletto anziano e stralunato carico d’ironia e poesia.

Binasco nel mettere in scena questa pièce ha puntato sul minimalismo, dando grande spazio agli attori, molto bravi e capaci di plasmarsi, sia sul piano corporeo sia verbale, ai personaggi, caratterizzandoli alla perfezione. Nessun effetto speciale, un linguaggio semplificato e popolare che, anche attraverso l’uso del dialetto, regalano molti momenti divertenti pur non alterando il valore letterario dell’Opera; nessun abito sontuoso, solo dei vestiti comuni, giacca e cravatta per i nemici e abiti logori e modesti per gli abitanti dell’isola.

Quest’opera abbandona il finale tragico cui il Bardo ci ha abituati, per lasciare il posto alla pace, alla riconciliazione. La magia, il mistero, l’intrigo saranno abbandonati da Prospero che, per la felicità della figlia – innamorata di Ferdinando, figlio di Alonso, re di Napoli –, decide di rinunciare alla vendetta e di trovare un’intesa con i suoi avversari.