Les contes d’Hoffmann

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fotoOpéra – fantastique in cinque atti

Libretto di Jules Barbier

Musica di Jacques Offenbach

 

Personaggi e interpreti:

Hoffmann: Michael Spadacini (29/11), Sebastian Ferrada (30/11)

Lindorf / Coppélius / Dottor Miracle / Dapertutto: Abramo Rosalen (29/11), Lauren Kubla (30/11)

Antonia: Larissa Alice Wissel *

Olympia: Bianca Tognocchi *

Giulietta: Maria Mudryak *

Nicklausse: Alessia Nadin

Andrès/Cochenille/Frantz/Pitichinaccio:

Matteo Falcier

Spalanzani/ Nathanaël: Stefano Consolini

Madre: Nadija Petrenko

Crespel / Luther: Mariano Buccino *

Hermann/ Schlémil: Vincenzo Nizzardo

 

Direttore Christian Capocaccia

Regia Frédéric Roels

Scene Bruno de Lavenère

Costumi Lionel Lesire

Light designer Laurent Castaingt

CoreografoSergio Simòn

Orchestra I Pomeriggi Musicali di Milano

Coro del Circuito Lirico Lombardo

Maestro del coro Diego Maccagnola

Coproduzione Teatri del Circuito Lirico Lombardo, Fondazione Pergolesi Spontini di Jesi, Opéra de Rouen Haute-Normandie

NUOVO ALLESTIMENTO

* vincitori del 65° Concorso As. Li.Co. per Giovani Cantanti Lirici d’Europa

 

Con l’opera Les contes d’Hoffmann, mai andata in scena prima d’ora a Jesi, si è chiusa la 47^ Stagione Lirica di Tradizione. Per l’occasione la Fondazione Pergolesi Spontini ha mobilitato tutta la città di Jesi con iniziative gastronomiche e non solo, cercando di far avvicinare le persone all’opera e promuovere la rinascita di quel valore culturale e sociale che sempre l’opera ha avuto.

Il drame fantastique di Barbier e Carrè suscitò l’interesse in Offenbach, già celebre autore di operette e direttore della Comédie Française, il quale voleva cimentarsi in un’opera dal carattere enciclopedico, che gli permettesse di spaziare tra vari generi.

Offenbach morì alcuni mesi prima della prima, avvenuta il 10 Febbraio del 1881.

La tradizione dell’opera è caratterizzata da continui tagli, interpolazioni e manomissioni, ma quella di riferimento per la messa in scena jesina è l’edizione del 1907 pubblicata dalla Choudens con due brani dell’edizione Oeser.

L’opera in cinque atti prevede un prologo e un epilogo che fanno da cornice ai tre flashback interni.

Il protagonista Hoffmann  scrittore romantico realmente vissuto, autore di tre racconti dai quali sono tratte le tre storie dell’opera – attende in una taverna la sua amata, la cantante Stella, con lui c’è l’amico Nicklausse, che altri non è che la Musa incarnatasi per stargli sempre a fianco e convincerlo a dedicarsi solamente all’arte. Nessuno sa che il consigliere della giovane, incarnazione di un’entità demoniaca, ha tramato per non farli incontrare; non vedendola e in preda allo sconforto, Hoffmann si fa convincere a raccontare dei suoi amori, che saranno poi le tre facce dell’amore per Stella.

Racconta del colpo di fulmine con Olympia, l’amore passionale con Giulietta ed infine quello maturo con Antonia. Ogni storia è caratterizzata da Offenbach con toni leggeri e allegri, tipici dell’opera buffa, come durante la festa per Olympia, romantici e sensuali come la famosa Barcarolle nell’atto di Giulieta, ed anche lirici come nella struggente scena di Antonia con la madre defunta.

Alla fine dei racconti, l’artista vedrà Stella con il demone e la Musa apparirà ad Hoffman nelle sue vere sembianze, così il giovane si abbandonerà a lei consapevole che l’unica felicità possibile è nell’arte.

La messa in scena di quest’opera così complessa per sfaccettature e ambiguità è nelle mani sapienti di Federic Roles, regista, drammaturgo e direttore dell’Opéra de Rouen.

Il filo conduttore tra i vari atti sarà la chiave del camerino, e del cuore, di Stella: ricorrerà di mano in mano e di racconto in racconto per aprire i cuori delle ragazze, in un gioco scenografico di scatole che si aprono e che rimandano alla dimensione di interiorità dei cuori stessi.

Il regista maneggia magistralmente quest’opera fantastica, rendendo sulla scena il clima onirico della musica, con elementi magici e stranianti, grazie anche agli stupendi abiti di scena e a una scenografia efficace e d’impatto.

Per accostarsi all’opera regista e diretto usano entrambi dei riferimenti letteraria: il regista si rifà all’amore onirico citando Verlaine, il direttore Cristian Capocaccia si avvicina a questo capolavoro pensando alle Rime di Dante, precisamente a “Guido, i’ vorrei che tu e Lapo e io” dove i tre presi da incantamento si mettono in viaggio.

Si schiude davanti a noi, dunque, un’opera incantata ed incantevole, e per apprezzarne tutta la magia ci si deve abbandonare alla Musa dell’arte.