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Lo zoo di vetro

fotodi Tennessee Williams
traduzione di 
Gerardo Guerrieri
con
Milvia Marigliano, Monica Piseddu, Arturo Cirillo, Edoardo Ribatto
regia 
Arturo Cirillo
scene 
Dario Gessati
costumi 
Gianluca Falaschi
luci 
Mario Loprevite

produzione TieffeTeatro

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Lo Zoo di vetro è il celebre testo di Tennesse Williams portato in scena da Arturo Cirillo.

Tom, il personaggio interpretato da Cirillo, rivive il ricordo della sua famiglia: il padre se n’è andato già da anni lasciando a lui l’incarico di badare alla madre Amanda e alla sorella Laura.

Amanda vuole trovare un pretendente per Laura e così chiede a Tom di invitare a cena un suo amico, Jim, per fargli conoscere Laura. Questi però è già impegnato con un’altra ragazza e i sogni delle due donne andranno in frantumi.

Cirillo elimina i riferimenti nel testo alla società americana e al contesto in cui è calato, quello della grande depressione del ’29, così facendo crea un legame più diretto col pubblico legato dalla medesima situazione sociale ed economica dei tempi.

È proprio il contesto sociale il fardello maggiore nella vita familiare, le estreme difficoltà economiche alimentano l’asfissia dei rapporti.

Amanda cerca pedantemente di indirizzare e correggere le vite dei propri figli, trovando conforto nei ricordi della sua agiata gioventù; Tom, esasperato dal lavoro e ingabbiato dalle responsabilità della famiglia, si scaglia soprattutto contro la madre, che non sa capirlo e ogni sera se ne va per cinema e bar, cercando di trovare le forze per cambiare vita; Laura, timidissima e insicura per via del suo difetto ad una gamba, è rassegnata nella sua vita domestica, fatta di vecchi dischi del padre e animaletti di vetro.

Solo Jim, l’unico dei personaggi e degli attori che viene da fuori, l’unico veramente reale, porta una ventata di speranza, ma con lui lo Zoo di vetro si romperà. Le due donne infatti faranno i conti con la realtà: rimarranno sole, e Tom finalmente partirà verso le avventure che sognava.

Alla fine si capirà che Tom, che era stato l’unico a non rifugiarsi nei ricordi del passato, proprio in viaggio, così lontano da tutti, non riuscirà a non portarsi con sé il ricordo, come fosse una fotografia, della sua famiglia.

Williams parla di “dramma della memoria” e Cirillo riesce a dare plasticità e realtà a quello che è un ricordo, la duplicità tra presente e passato, tra reale e onirico di cui è caratterizzato il testo, è resa con esattezza: il quotidiano realistico si mescola alla luce non realistica, proprio come in un ricordo. Scrive Cirillo “La messa in scena è simile ad un album di ricordi. È un gioco continuo fra dentro e fuori. D’altronde il testo è fintamente naturalistico. C’è sempre l’idea che è tutto finzione, e fin dall’inizio si svela che in quel momento siamo a teatro”

In quest’ottica è interessante che vengano sfumati gli stessi limiti della rappresentazione, gli attori sono du palco già prima di iniziare lo spettacolo, con tutte le luci accese, e durante tutto lo spettacolo non escono mai dalla scena, rimangono in qualche angolo, come se dimenticati ma pur sempre lì.

Come se il pubblico, non dovesse assistere ad uno spettacolo, ma al ricordo stesso dello spettacolo. E sicuramente si porterà con sé tale bellissimo ricordo.

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