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Turandot

Foto di Mario Finotti
Foto di Mario Finotti

Dramma lirico in tre atti e cinque quadri

su libretto di Giuseppe Adami e Renato Simoni

Musica: Giacomo Puccini

Duetto e scena finale completati da Franco Alfano

Direttore d’orchestra: Matteo Beltrami

Regia: Mercedes Martini

Orchestra Filarmonica Pucciniana

Coro San Gregorio Magno

Maestro del Coro: Mauro Rolfi

Coro delle Voci Bianche dell’Accademia Langhi

Nuovo Allestimento

Produzione Fondazione Teatro Coccia

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Ultima opera di Giacomo Puccini, “Turandot” viene rappresentata – postuma – per la prima volta al Teatro alla Scala di Milano il 25 aprile 1926. Sul podio c’è il maestro Arturo Toscanini.

Oggi 8 febbraio 2015, grazie a Maria Billeri si salva “Turandot” al teatro Coccia di Novara: infatti il soprano ha sostituito a due giorni dalla prima, Daniela Dessì, scritturata per il ruolo da protagonista.

La Billeri, oltre ad aver debuttato con successo nello stesso personaggio a Cagliari la scorsa estate, ha dalla sua una potenza vocale di indiscussa qualità artistica e una presenza dai forti accenti espressivi. Con notevole professionalità, assoluto rigore esecutivo e interpretativo ha affrontato questo ruolo molto impervio con una resa, oseremmo dire, perfetta, trasmettendo agli astanti sicurezza e credibilità scenica.

Al suo fianco il tenore Walter Fraccaro dalla bella presenza, particolarmente generoso di voce tanto da portarlo a bissare la pagina più conosciuta e anche attesa, quel “Nessun dorma” che ahimé nell’intimo di molti va a sostituire addirittura il titolo del capolavoro di Puccini. Buona Francesca Sassu, nel personaggio di Liù, che ha reso credibile il lirismo e la poesia dell’eroina pucciniana; discontinuo il terzetto delle maschere formato da Bruno Praticò, Saverio Pugliese, Matteo Falcier. Degni di nota i danzatori Andrea Apadula, Elisa Baglioni, Alessandra Bordino, Vito Carretta, Lorenzo Castelletta, Chiara Silvestri con la supervisione di Alessandra Bordino ai movimenti coreografici.

La direzione orchestrale del giovanissimo Matteo Beltrami è risultata equilibrata e indirizzata a seguire scrupolosamente l’Orchestra ben calibrata ma anche il non facile e poco omogeneo palcoscenico.

Purtroppo è sortita poco interessante la parte visiva, un allestimento totalmente minimalista, con costumi di difficile collocazione, in particolare quelli del Coro che risultava inadeguatamente agghindato e anche il Coro delle Voci Bianche ha conseguito un effetto di vestiario poco consono alla rappresentazione e al palcoscenico, seppur posizionato di lato.

Evidentemente la Reggia di Pechino, dove è ambientata la vicenda, subiva agli occhi dello scenografo una forte crisi economica, vista la totale mancanza di arredamenti degni di cotanto “simbolico” sfarzo.

La regia di Mercedes Martini si è adeguata al tutto lasciandoci un po’ perplessi, a volte oltre ai fondi mancano anche le idee attraversate da un balenio di luce.

L’opera è ricordata come l’incompiuta a causa della prematura morte del maestro Puccini, avvenuta prima del suo compimento. Trova origine da una riduzione di Johann Christoph Friedrich von Schiller di una fiaba scritta da Carlo Gozzi. L’ambientazione orientale si deve interamente al maestro Giacomo Puccini. Il compositore in Turandot utilizzò sette temi originali cinesi, sottolineando soprattutto l’origine fiabesca mediante il concatenarsi degli enigmi e delle prove da superare con un approccio narrativo incline agli insegnamenti morali. La Turandot è forse l’opera più misteriosa e affascinante tra quelle prodotte a cavallo tra l’Otto e il Novecento.

Struttura musicale e scenica sono al completo servizio della trama, ornata da leggiadre sfumature, in una Cina onirica dove il lieto fine sentimentale segna l’apologia melodica con Turandot che si innamora di Calaf lasciandosi cadere tra le sue braccia e annunciando al popolo il nome dello straniero: “Amore”.

Teatro Coccia di Novara esaurito in ogni ordine di posto, pubblico entusiasta e plaudente.

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