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Ailey, Limón, Rhoden, il trittico di danza americana al Teatro dell’Opera di Roma

Foto di Yasuko Kageyama-Opera Roma
Foto di Yasuko Kageyama-Opera Roma

La grande danza americana arriva al Teatro dell’Opera di Roma con l’inedito Trittico Ailey, Limón, Rhoden che presenta non pochi spunti di interesse unendo una prima assoluta (di Rhoden), un piccolo gioiello (Limón ), un capolavoro entrato nella leggenda (di Ailey).

La serata si apre proprio And So It Is… prima assoluta della creazione di Dwight Rhoden su musica di Johann Sebastian Bach realizzata appositamente per il Corpo di Ballo del Teatro dell’Opera di Roma. Rhoden, che passa con estrema nonchalance dal ruolo di direttore Artistico del Complexions Contemporary Ballet a coreografo nello show So you can think you can dance, debutta nel teatro romano con una coreografia che vede impegnato l’intero corpo di ballo e che pone ancora al centro della sua attenzione l’uomo e le sue intrinseche contraddizioni alla ricerca di un equilibrio nel mondo. E lo fa attraverso un lungo, eclettico e raffinato, raffinatissimo, esercizio di stile che affianca sfacciatamente mood totalmente diversi attraverso cambi repentini che spaziano dalle torsioni del jazz a sequenze più complesse. In coppia o in variazione (spicca Annalisa Cianci), i danzatori appaiono costantemente alla ricerca di qualcosa, avvolti nei costumi futuribili di Clifford Williams.

Cuore dello spettacolo e già nel repertorio dell’American Ballet è The Moor’s Pavane (Variazioni sul tema di Otello) creato nel 1949 da José Limón su struggente musica di Henry Purcell: un atto unico danzato a quattro qui ripreso da Sarah Stackhouse e che rielabora solo in apparenza la tragedia del Moro di Shakespeare anche se in realtà s’ispira al protagonista del romanzo del 1668 di Aphra Behn. A ben vedere tutta la vicenda del Moro, folle di gelosia su istigazione dell’Amico, è facilmente riscontrabile come c’è la tensione emotiva sapientemente custodita sotto l’eleganza formale dei gesti che esplodono nella tragedia. Le danze corte del Moro (un ammaliante Damiano Mongelli), della Moglie del Moro (la sensibilissima Gaia Straccamore, ètoile dell’Opera), dell’Amico (lo slanciato Giuseppe Depalo) e della Moglie dell’Amico (bravissima Alessia Barberini) tendono quasi a contenere sotto l’eleganza formale la tensione drammaturgica e il pathos intrinseco di questo piccolo gioiello coreografico.

Sontuosi gli abiti (di Pauline Lawrence) declinati in colori sapientemente simbolici (velluto rosso per il Moro, giallo per l’amico, chiffon bianco per la Moglie del Moro e rosso per la Moglie dell’Amico) per un capolavoro di inafferrabile bellezza.

Chiude la serata un capolavoro leggendario che non necessita certo di presentazioni: è The River (1970) frutto della collaborazione fra Alvin Ailey e Duke Ellington, già nel repertorio (e si vede) del Corpo di Ballo dell’Opera di Roma che viene per l’occasione ripreso dal magnetico Clifton Brown, danzatore dell’Alvin Ailey American Dance Theater. Dodici danzatori (tra cui Alessandra Amato e Manuel Paruccini) calcano la scena per raccontare più o meno metaforicamente il percorso sentimentale della coppia attraverso lo scorrere del fiume in undici quadri diversi, dalla gelosia alla passione, mescolando passi di danza classica al modern jazz con totale disinvoltura che siano variazioni della prima ballerina, assoli maschili o sensuali passi a due. Solo pochi giorni fa, a ridosso del debutto del balletto, le notizie ufficiali sulle nuove nomine del Teatro che vedono Giorgio Battistelli affiancarsi ad Alessio Vlad nel ruolo di direttore artistico ed Eleonora Abbagnato, già ètoile dell’Opera di Parigi, come direttrice del Corpo di Ballo del Teatro dell’Opera di Roma che raccoglie l’eredità di Micha Van Hoecke. Ultime repliche del Trittico, martedì 14 (ore 20), mercoledì 15 (ore 20), giovedì 16 (ore 20).

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