di Bertolt Brecht
da Christopher Marlowe
regia e adattamento Andrea Baracco
con Mauro Conte, Aurora Peres, Gabriele Portoghese, Nicola Russo, Francesco Sferrazza Papa, Marco Vergani
Produzione teatro Franco Parenti/369 gradi
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Il dramma di Edoardo II Plantageneto, monarca inglese vissuto nella prima metà del 1300, affascina da sempre l’immaginario collettivo. Già nel 1592 Cristopher Marlowe gli dedicò un dramma, romanzando la vita e la morte del monarca, mentre nel 1923 sarà lo stesso Brecht a mettere mano all’opera di Marlowe per dare la sua personale interpretazione della storia di Edoardo.
Quello che affascina da sempre gli autori è sicuramente la complessità delle vicende del regno di questo re, che si snodano tra tradimenti, complotti, ambizione e guerra e con alla base quello che è il motore portante della vicenda: l’amore di Edoardo per Gaveston, un uomo di umili origini ma dalla sete di potere.
Brecht nel periodo in cui compone quest’opera non ha ancora scoperto la tecnica dello straniamento, che pervaderà la sua età più matura, ma si trova sul limes della scoperta, infatti è chiaro che si tratti dell’atto finale della sua sperimentazione meno matura.
La regia di Andrea Baracco rielabora il testo di Brecht rendendolo più moderno e dandogli una serie di spunti ad amplio respiro, come la forte presenza dell’elemento musicale e scenico. In particolare mi ha colpito e ho apprezzato molto la forte presenza di materiali diversi volti a rappresentare velate metafore: la polvere, la plastica,le corde, il catrame, il sangue.
In particolare la presenza della terra è fortemente simbolica: con essa si apre e si chiude lo spettacolo. Le luci e la scenografia danno un valore aggiunto.
La sperimentazione risulta molto ben riuscita e apprezzabile. Gli attori Mauro Conte, Aurora Peres, Gabriele Portoghese, Nicola Russo, Francesco Sferrazza Papa e Marco Vergani sono bravi e convincono.
Lo spettatore si emoziona per la storia d’amore disperata di Gaveston e Edoardo, che risulta tuttora ai giorni nostri un tema attualissimo, su cui il nostro Stato ha molto su cui riflettere.
Purtroppo a volte la storia nel suo complesso risulta un po’ lunga e pesante allo spettatore, che rischia di perdersi e di avere un calo di concentrazione. Forse 95 minuti sono un po’ troppi: diminuendo di poco la lunghezza dell’opera lo spettacolo risulterebbe più facilmente fruibile.