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Nabucco

Foto di Stefano Binci
Foto di Stefano Binci

La 48° stagione lirica di tradizione del teatro G. B. Pergolesi di Jesi si inaugura con il Nabucco, andato in scena per la prima volta nel marzo del 1842 al Teatro alla Scala, e opera che decretò il successo dell’allora ventinovenne Giuseppe Verdi.

Il Nabucodonosor, poi abbreviato nella forma attuale, racconta le vicende di Nabucco, re di Babilonia, Abigaille, la schiava ritenuta primogenita di Nabucco, Ismaele, nipote del re di Gerusalemme e innamorato di Fenena, figlia di Nabucco.

Quella andata in scena al Pergolesi è una versione che vuole andare diretta e senza fronzoli nella pancia degli spettatori: è un’opera talmente potente e ricca di pathos che ogni dettaglio, se non determinante ai fini dello svolgimento dell’intreccio narrativo, potrebbe risultare addirittura superfluo, a partire dall’impianto scenico, come afferma il regista Stefano Monti: è volutamente scabro, essenziale, per non sovraccaricarlo con elementi non necessari, che potrebbero allontanare dal rigore con cui Verdi affronta temi come la patria, gli affari di governo, la religione.

Dal punto di vista musicale invece, le esperte mani del direttore d’orchestra Aldo Sisillo hanno guidato meravigliosamente le potenti ed espressive voci del baritono messicano Carlos Almaguer (Nabucco) e del soprano Maria Billeri (Abigaille), i più applauditi dal pubblico. L’esecuzione del celebre Va’, pensiero, il momento più atteso, ha confermato e sottolineato lo stile di questa versione dell’opera: un canto deciso e vigoroso, ma allo stesso tempo lineare, con una particolare attenzione a non estremizzarlo, soprattutto per tutto quello che riguarda la dinamica musicale.

È evidente in ogni caso una particolare attenzione al rapporto fra la storia di Nabucco e il presente. Il regista non si dimentica che i suoi occhi sono gli occhi che vedono ogni giorno i drammi e le tragedie del Medio Oriente. Non è un caso infatti che l’opera sia stata dedicata a Khaled Asaad, l’archeologo siriano custode dell’antico sito di Palmira, che venne ucciso dai jihadisti per non aver rivelato il nascondiglio di importantissimi reperti romani. Infatti è lo stesso Monti ad affermare che il Nabucco è un patrimonio dell’umanità perché ci racconta una storia universale di incomprensioni fra popoli, di pregiudizi, di muri, che hanno attraversato il tempo e oggi si ripetono, con sconcertante attualità, negli stessi luoghi del racconto. Nella mia regia non ho potuto ignorare quello che sta accadendo oggi negli stessi luoghi dove è ambientato Nabucco. Ovvero la distruzione di siti archeologici di inestimabile valore artistico.

Un Nabucco che è stato molto apprezzato dagli spettatori, i quali si sono ritrovati perfettamente trasportati nel racconto e ne sono usciti con le orecchie soddisfatte e la mente appagata.

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NABUCCO

Dramma lirico in quattro parti

libretto di Temistocle Solera

musica di Giuseppe Verdi

Prima rappresentazione: 9 marzo 1842, Milano, Teatro alla Scala

Personaggi e interpreti

Nabucco Carlos Almaguer

Abigaille Maria Billeri

Zaccaria Ramaz Chikviladze

Fenena Elisa Barbero

Ismaele Leonardo Gramegna

Il Gran Sacerdote di Belo Paolo Battaglia

Abdallo Roberto Carli

Anna Alice Montanaro

direttore Aldo Sisillo

regia e scene Stefano Monti

elementi scenici dello scultore Vincenzo Balena

costumi Massimo Carlotto

luci Nevio Cavina

coproduzione Fondazione Teatro Comunale di Modena, Fondazione Pergolesi Spontini, Fondazione Teatri di Piacenza

Allestimento Ópera de Tenerife – Auditorio “Adán Martín”

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