La grandezza delle tragedie greche è la loro immortale attualità, e con l’adattamento sapiente e innovativo di ARCHIVIO ZETA, l’Edipo Re di Sofocle (430-420 a.C. circa) brilla del dramma contemporaneo:
I nostri tentativi di lavoro culturale sono rivolti all’archivio, alla memoria umana, perché il futuro ha un cuore antico. Inoltre gli oppositori al regime dei colonnelli in Grecia scrivevano sui muri Zeta – è vivo, quando uno di loro veniva ucciso.
(ARCHIVIO ZETA)
Nell’animo di Edipo ci sono intelligenza e autorità.
Questo mortale, che ha svelato il mistero della Sfinge (tempo addietro egli aveva liberato la città dal terrore di questo mostro rivelando i suoi enigmi) e suole chiamarsi con altezzosa sfida “figlio della Fortuna”, non si preoccupa di oltraggiare dei e irridere profezie: è in lui il germe di un peccato originale, per via del quale la sua stessa sapienza e potenza sembrano diventare follia e rovina. La sua figura, fin dal suo primo apparire nel fasto e nella dignità del paludamento regale, è un’ombra nel buio. Egli, l’accorto, l’esperto, non vede nulla, non sa nulla; tutto chiede, ovunque interroga; perché i sudditi vengono a lui? perché la peste? Deride come falso ciò che non ha mai saputo, ed è falso ciò che crede di sapere. Nel dramma appare chiaro il problema della libertà; se le cose degli uomini siano guidate degli uomini o da qualche altra necessità.
Edipo è un uomo pieno di ogni contraddizione. Da qui nascono tutti i problemi: la vittoria è sconfitta, e la sconfitta trasfigurazione.
La scenografia è minimalista, perfetta per l’adattamento pensato:
Il luogo del delitto del Re Laio è sotto gli occhi di tutti, rivelato, insieme alla colpa del figlio: i due attori lo calpestano fisicamente, muovendosi su una passerella di legno che si biforca in proscenio disegnando il crocevia dove l’assassinio del padre si è compiuto.
(Rossella Menna-curatrice)
La scenografia e le luci sono innovative e perfette, con sedie e riflettori che pendono, roteanti, dall’alto in un teatro completamente al buio, accecano la platea, (notevole trovata dell’ideatore delle luci Antonio Rinaldi).
La contemporaneità dell’opera è sottolineata da trovate registiche esatte, come gli attori che danno le spalle al pubblico parlando tra loro, e le luci che abbagliano la platea, lasciando in ombra la scena.
La musica e i suoni che accompagnano questa versione dell’Edipo Re sono pensati come espansione della parola […]. I legami che si creano fra suoni e parole permettono la nascita di nuovi spazi comuni, condivisi, nei quali entrambi i piani si arricchiscono di senso, richiamando la complessità del reale.
(Patrizio Barontini, curatore della musica)
Sul palco solo due attori riempiono la scena, alternandosi nell’interpretazione dei vari personaggi della tragedia, Gianluca Guidotti ed Enrica Sangiovanni, cuori palpitanti dell’Archivio Zeta, attori e registi dell’adattamento:
Il luogo del delitto è sotto gli occhi di tutti. La nostra versione di Edipo cammina sul filo dei contrasti, degli interrogatori e delle indagini alla ricerca ossessiva del colpevole: in scena due figure istruiscono il procedimento ineluttabile che porta alla conoscenza e quindi al dolore.
(Gianluca Guidotti e Enrica Sangiovanni, attori e registi)