Parola chiave: “tempo”. La seconda giornata del festival Scenari Europei 2017 lascia sulla pelle questo senso di possente ciclicità che avvolge le azioni umane, dalla piccola sfera di una quotidianità ordinaria alla dimensione epica e quasi mitica dell’azione estrema, dilatata lungo un numero ampio di giorni. Tali sono le direttrici diametrali tracciate dai due spettacoli in programma oggi.
La Cosmopolitan Beauty di Davide Valrosso dipinge con finezza rara la dimensione di un interno privato che è luogo fisico oltre che territorio emotivo. Anche in questo caso (replicando l’effetto prodotto nella prima giornata del festival) la danza, confinata organicamente al di qua ed al di là della parola, pare raccontare un’esperienza concreta e potenzialmente verbale. Qui, la solitaria e totalizzante presenza del danzatore in scena conferisce una maggiore profondità di senso drammaturgico all’azione, che nelle cesure di buio sembra ancor più realisticamente sovrascrivere i capitoli diversi di una azione protesa. La biancheria naif che cinge il corpo del performer mantiene semanticamente a terra le sue evoluzioni fluide, accese da singulti di possanza improvvisa. Domina però il senso di fragilità reso dalla ricerca ossessiva, quasi l’invenzione di equilibri continuamente nuovi, mentre la frammentazione parcellizzata del gesto fa pensare ad un effetto time lapse in cui l’azione si sbriciola tra le maglie strette dei singoli momenti e dei singoli secondi.
Cani di Vincenzo Manna consolida l’immagine di un interno attraversato dal flusso del tempo e la sottopone a trasformazioni massive e raffinate assieme, usando gli strumenti della drammaturgia più ispirata e consapevole. Come nel miglior Pinter, lo spazio chiuso proietta lampi ed ombre che riflettono scuotimenti interiori. In Cani, il Manna “autore” riesce ad attraversare tutte le circonvoluzioni possibili all’interno dell’abisso umano senza bisogno di abbandonare la gabbia realistica tramite fughe simbolistiche o “colpi di teatro”. E’ allora il Manna “regista” ad intervenire con stile e misura spesso geniale, aprendo brecce effimere nella cornice del quadro verosimile. Sul piano drammaturgico siamo di fronte ad un trittico mutevole, che per due volte si riduce ad un confronto diretto tra due soli personaggi, ma in realtà anche questo non è che un effetto apparente. Il vero congegno di Cani risponde ai meccanismi del monodramma, che esalta la prova d’attore di uno sconvolgente Aram Kian (in scena con Daniele Amendola e Caterina Marino). Il suo personaggio perde via via i connotati relativi e specifici per incarnare sempre più l’anima caleidoscopica dell’individuo, dell’essere umano nudo di fronte al mistero dell’esistenza, della parola, del mondo, di sé medesimo. Lavoro potentissimo e di altissima caratura teatrale, che compie il primo miracolo nel restituirci stupiti e coinvolti di fronte ad uno spettacolo che non appartiene al territorio post-drammatico, senza con ciò mancare di freschezza innovativa e rilucenza sorprendente. Diventa quasi irrilevante raccontare che la scena è ambientata in una imprecisata baita di montagna sulla linea di un imprecisato confine di guerra, che la discesa nella profondità della psiche viene incorniciata dalla potenza di una natura che respira e domina alta. Tutto diviene dettaglio di fronte ad un risultato semplicemente imperdibile, per il pubblico e per il movimento teatrale tutto.
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“Cosmopolitan Beauty”
coreografia e danza di Davide Valrosso
Produzione Cango – Centro Produzione Danza (Firenze)
con il sostegno di Anticorpi Explo
Genere: danza
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“CANI”
testo e regia Vincenzo Manna
con Aram Kian, Daniele Amendola, Caterina Marino
disegno luci Paride Donatelli
costumi Vincenzo Manna
assistente alla regia Elisabeth McCreton
scene Teresa Fano
direzione di produzione Alessia Esposito
comunicazione Benedetta Boggio
una produzione 369gradi
con il sostegno di Armunia Festival Inequilibrio, Florian Metateatro, CapoTrave/Kilowatt