Irene è una ragazzina molto vivace, vestita di rosso da sopra a sotto, che vive su un albero. Non vi si è rifugiata per ribellione come Cosimo Piovasco di Rondò, il barone rampante di Calvino: Irene vive lì da quando è nata. Ma ora vuole scendere e vedere il mondo, ma non sa bene come fare. È ancora una bambina, a decidere deve essere suo nonno, di cui vediamo soltanto lo scuro profilo (proiettato come ombra su un telo bianco). Il vecchio, con la sua voce rugginosa le assicura che “domani scenderà, alle otto in punto”: ma un giorno fa troppo caldo, un giorno piove, e a forza di domani Irene dall’albero non scende mai. “I grandi fanno promesse, ma a volte non le mantengono” si dice la ragazzina sconsolata. Ma la fantasia le offre un’inaspettata opportunità, che le permetterà di viaggiare pur rimanendo lassù per i rami, conoscendo così mari, campagne e città.
“Irene tra le bolle”, questo il lavoro andato in scena sabato 7 aprile al Teatro Trastevere di Roma per opera dell’Associazione culturale Teatro Pantegano, tra le realtà italiane più interessanti del teatro per bambini e ragazzi. In scena Erika Manni (anche autrice e regista dello spettacolo), accompagnata da Manuel Cascone e dal polistrumentista Tiziano Tarli. Manni è un’artista completa: di solida e plurale formazione teatrale (con esperienze che toccano trasversalmente tutte le possibilità sceniche), dai primi anni Duemila predilige la regia e la scrittura (è anche autrice Rai, l’ultima sua fatica sono i radio-documentari della trasmissione “Tre Soldi” di RadioTre), esibendo talento e maestria.
Il racconto ha un intento spiccatamente pedagogico, rivolgendosi in particolare a piccoli in età pre-scolare. Erika Manni è brava nel favorire la libertà d’interagire dei bambini, che infatti partecipano gioiosamente alle peripezie di Alice. Ed è abile nel costruire uno spettacolo che si avvale di stimoli e strumenti diversi: dalla recitazione al teatro delle ombre, dalle canzoni e filastrocche eseguite dal vivo (che entrano nella testa come tormentoni estivi, al punto che al terzo giro il pubblico già le ripete in coro) alla “giocoleria delle bolle”, nella quale dimostra una notevole padronanza.
Due sono gli aspetti, in particolare, che colpiscono lo spettatore. Il primo, più immediatamente evidente, è la visionarietà dello spettacolo: le bolle sono una “porta incantata” che conduce nei misteri e nelle scoperte del viaggio, un’immagine allegorica e poetica nello stesso tempo, una suggestione alla Miyazaki che trasforma il mondo esterno in una fiaba. Secondo punto da rimarcare è la drammaturgia: la semplicità del testo è ricercata, le immagini verbali mostrano un lavoro minuzioso, l’attenzione alla parola è davvero pregevole. Qualità non comune nel teatro per bambini, nel quale sovente la drammaturgia rimane poco ambiziosa, e che pone il percorso di Erika Manni come autrice assolutamente da seguire.