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Céline

Andato in scena al Teatro Spazio Bixio di Vicenza

By
Martina Sperotto
-
26 Novembre 2018
1369
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Céline
Foto di Matteo Bustao
Céline
Foto di Matteo Bustao

di e con Andrea Pergolesi
musiche originali e sound design di Lorenzo Danesin scene, luci e costumi di Giulio Boato e Andrea Pergolesi
regia di Giulio Boato

produzione collettivo DOYOUdaDA

———

Lo spettacolo-monologo che ho visto ieri sera al Teatro Spazio Bixio di Vicenza è un tuffo nelle caverne buie dell’umanità: fin dal primo momento il personaggio di Céline, interpretato da Andrea Pergolesi in modo carnalmente e vocalmente sincero, mi ha rapita facendomi sentire un ostaggio della vita. Pergolesi è riuscito a condensare in un flusso di coscienza il romanzo di Louis-Ferdinand Céline “Viaggio al termine della notte” mostrandoci chi fu l’autore-attore: un personaggio costretto a vivere gli scenari di morte della prima guerra mondiale ma in modo attivo e pacifista, come medico in campo (cura i più poveri gratuitamente e con i pochi mezzi a disposizione), e poi come scrittore dove emerge la sua visione cinica e nichilista verso l’esistenza, ma con l’intento comunque di lasciarci un messaggio di pace e speranza che solo negli occhi puri degli animali e dei bambini egli è riuscito a vedere.

Dopo lo spettacolo sono riuscita a fare due chiacchiere con l’attore Andrea Pergolesi ed il regista Giulio Boato.

Andrea, dove hai ambientato il personaggio all’inizio?

A.P.: Dal primo momento si vede il personaggio dietro una grata di un’ospedale psichiatrico, una commissione d’esame per vedere se il personaggio di Céline potrà uscire, poi me ne sono un po’ fregato delle cinque domande fondamentali (dove, quando, chi, cosa, come) perché non ne ho sentito la necessità.

Quanto senti a te vicino il testo di Céline? Quanto c’è di tuo nel testo dello spettacolo?

A.P.: Ho scelto questo testo perché mi riconosco molto in quello in cui l’autore ha scritto, anche se io in prima persona ho scritto solamente i raccordi tra un pezzo e l’altro cercando di seguire e rispettare il suo stile, per lo più è tutta farina del sacco di Céline.

Quanto è attuale secondo te questo testo? Perché è ancora così necessario mostrare e raccontare la guerra in scena?

A.P.: È un testo che parla di ideali, l’autore cerca un ideale ma non lo trova ed io l’ho riproposto perché lo sento molto attuale oggi, l’unica differenza è che l’unico ideale che vedo presente oggi è quello del dio denaro. Tolta la guerra, tolto quel modo di fare la guerra, rimane sempre lo stesso essere umano con i suoi istinti, con le sue luci ed ombre e tutto ciò che lo muove. Anche se molto spesso non lo si realizza nemmeno, è l’amore verso gli altri e scrivere è un amore per gli altri, anche verso i propri nemici come ha detto proprio qualche giorno fa lo scrittore David Grossman1. M’interessava proprio quel forte interesse emotivo verso le altre persone.

C’è un lato interessante che fai emergere, quello della miseria. Chi accetterebbe oggi di partecipare ad una guerra?

A.P.: Non esiste una persona che possa accettare una cosa così idiota come la guerra, è solo la manipolazione delle menti che permette questo. Qualcuno t’inculca degli ideali per cui combattere, tu non decidi mai da solo cosa è importante per te, non sei veramente tu a decidere. Céline è stato catalogato di destra e di sinistra ma proprio perché aveva il suo modo di pensare, slegato da qualsiasi partito o ideologia. Lui odiava la guerra, non voleva parteciparvi, eppure suo malgrado l’ha fatto, per miseria e necessità.

C’è una frase che dice Céline all’inizio dello spettacolo: “Quando non si ha immaginazione, morire è poca cosa, quando se ne ha, morire è troppo”. Secondo te Céline si è salvato grazie all’immaginazione?

A.P.: No, non si è salvato. Per me Céline si è arreso, per questo lascia a noi spettatori la possibilità di redimerci, solo che per Celine era troppo tardi, invischiato e compromesso dalla vita in modo irreparabile.

Andrea Pergolesi, hai almeno tu la soluzione per far emergere questo amore verso gli altri?

A.P.: No, però ho dei metodi miei, che sono degli escamotage, come trasferire l’amore in un universo più piccolo, più sicuro, come in un corpo, perché il corpo non mente, è quello, lo vedi, lo senti, lo puoi vedere e toccare.

E i compromessi? Quanti compromessi un essere umano deve accettare, in primis un attore?

A.P.: Per me come forse per Céline, nonostante i compromessi che ci permettono di guadagnare dei soldi per vivere, ciò che salverei della mia carriera sono poche cose e di solito sono quelle che mi permettono di superare dei limiti, è per questo che scelsi di fare l’attore perché a volte questo mestiere, come oggi, mi permette di farlo ma quasi mai combacia con il guadagnare dei soldi, come hai visto stasera ci saranno state sì e no dieci spettatori…

Ma se vogliamo parlare veramente di compromessi direi che si tratta di quella sottile linea tra il proteggersi e il chiedersi come si vorrebbe vivere la propria vita, per questo Céline non è pienamente soddisfatto di come ha vissuto, perché non è riuscito a fare pace tra quello che ha dovuto fare e quello che in verità avrebbe voluto fare veramente. Non è da tutti riuscirci, sono veramente in pochi quelli che ci sono riusciti, forse Ghandi, Gesù…

Ciao Giulio, passo la parola a te. Tu sei il regista dello spettacolo. Com’è iniziata la collaborazione tra te ed Andrea?

G.B.: Andrea mi contattò quando ancora non c’era un vero testo. Io non avevo ancora fatto delle vere e proprie regie e c’era una mezza idea di fare delle video-installazioni su questo testo che Andrea ama molto finché non ha trovato una chiave di lettura, quella dell’amore verso gli altri e così si è trasformato in un testo teatrale, finalmente funzionava.

Ho amato moltissimo le luci del vostro spettacolo. Ti sei occupato anche di questo? Come vi è venuto in mente di usare solo delle piccole lampade e non le luci vere e proprie del teatro?

G:B.: Tutto è cominciato perché abbiamo vinto una residenza teatrale in un teatro senza luci a Mirano a “Teatro di Villa Belvedere” ed io avevo portato da casa delle lampade, lampadine che abbiamo iniziato ad usare in scena durante le prove ed abbiamo visto come questo gioco di buio in scena funzionava tantissimo col personaggio e con il testo.

Infatti si percepisce molto l’idea del buio, della solitudine delle trincee ma anche della solitudine che deve aver provato Céline durante tutta la sua vita. Come regista, quanto hai invaso o diretto il campo di creazione di Andrea?

G.B.: L’ho guidato sul ritmo, non ho un tipo di regia invadente, amo più essere definito una guida che un regista, anche perché Andrea ha una forte sensibilità ed essendo attore e condensatore del testo non ha mai avuto bisogno di direttive invadenti o scelte estranee al suo istinto. Siamo ancora in fase di perfezionamento dello spettacolo, adesso parteciperemo con un musicista, Lorenzo Danesin, con i suoni e le musiche creati dallo stesso musicista per rendere ancora più tridimensionale lo spettacolo.

Saluto i ragazzi, ci alziamo dal giardino del Sartea, in sottofondo della musica rock-metal di una cover band, ancora un viaggio ci aspetta per tornare a casa e salutandoli penso ad Andrea che mi dice che per noi trentenni ormai è troppo tardi per cambiare qualcosa. Per fortuna la mia forte positività mi permette di non essere completamente d’accordo con lui, e mi metto in macchina vestita del mio solito sorriso demenziale d’inguaribile ottimista.

Grazie a Céline, il mio amore per gli altri si è alzato ancora una volta di un’asticella.

1 http://www.agenziacomunica.net/2018/11/24/scrivere-significa-capire-e-amare-le-vite-degli-altri/

 

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Martina Sperotto

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