Un personaggio talentuoso e stravagante ha attraversato il panorama artistico e culturale a cavallo tra Ottocento e Novecento, lasciando una vastissima documentazione della sua compulsiva propensione al collezionismo, che oggi è dotazione dello Stato italiano.
Evan Gorga si racconta nell’atto unico di Maria Letizia Compatangelo portato in scena da Gino Auriuso con la regia di Alessandro Gilleri. L’anteprima nel piccolo teatro di Palazzo Altemps ha riportato la vicenda nel luogo dove era iniziata.
Nato nel 1865 da una facoltosa famiglia frusinate, viene a studiare canto lirico a Roma presso l’Istituto Francesco Saverio de Merode a Palazzo Altemps. Dopo un’esperienza come accordatore di pianoforti nel negozio del fratello, viene selezionato nel 1896 per il ruolo di Rodolfo nella prima rappresentazione de La Bohème di Puccini al Teatro Regio di Torino con la direzione di Toscanini, e dopo vari successi si ritira tre anni dopo.
Inizia una vita di spasmodica e irrefrenabile acquisizione di oggetti di tutti i generi e tutte le epoche per realizzare il “Museo di tutti i tempi” o “Museo enciclopedico” che gli farà guadagnare il riconoscimento di filantropo e benefattore all’Esposizione di Roma nel 1911, per il cinquantenario dell’Unità d’Italia.
Nel corso della sua lunga vita (morirà a 92 anni) fu un collezionista vorace di oggetti e frammenti provenienti da scavi o acquistati sul mercato antiquario, in sintonia con il collezionismo borghese sviluppatosi tra ‘800 e ‘900 che si rivolgeva a reperti più accessibili e meno preziosi delle opere d’arte che avevano caratterizzato il collezionismo aristocratico rinascimentale.
In questa instancabile ricerca dilapiderà il proprio patrimonio e quello della moglie Loreta D’Aburito, acquistando da antiquari e mercanti, ma anche dal mercato clandestino che ruotava intorno agli scavi archeologici nella capitale e nella campagna romana, in un insaziabile impulso a costituire una sconfinata Wunderkammer (camera delle meraviglie). Per contenere gli oltre 180mila pezzi così raccolti con l’intento di documentare la civiltà dei popoli, fra cui 2000 strumenti musicali, fu necessario affittare dieci appartamenti comunicanti a via Cola di Rienzo: armi antiche, fossili, bronzi, vasellame, oggetti fittili, terrecotte architettoniche, corredi funerari, reperti etruschi ed egizi, marmi antichi, rivestimenti parietali, intonaci dipinti e stucchi di varie epoche, monete, lucerne funerarie, vetri policromi provenienti dalla villa romana di Lucio Vero, giocattoli, arnesi di mestieri, attrezzi chirurgici, libri antichi tra cui incunaboli e cinquecentine.
Benché indebitato, non si separava dai suoi tesori rifiutando offerte allettanti, finché decise di stipulare un accordo con lo Stato che si concluse, dopo lunghe e complesse trattative, nel 1950. I reperti, catalogati in 22 collezioni, hanno alimentato vari musei in Italia e nel mondo, 10.000 dei quali sono in dotazione al Museo di Palazzo Altemps che nel 2013 allestì per la prima volta una ricca selezione dell’eclettica raccolta di archeologia per inaugurare le nuove sale.
Il maniacale e incontenibile impeto collezionistico sgorga con un profluvio di passione dall’interpretazione di Gino Auriuso che dà forza e vigore al racconto della Compatangelo, che ha il merito di aver messo in luce una personalità poliedrica e geniale che tanto peso ha avuto nella costituzione delle raccolte museali romane.