Di Mauro Cesari
Dal soggetto originale di Tullio Pinelli
Regia di Marco Predieri
Con Graziano Dei, Raffaele Totaro, Alessandro Benedetti, Sandro Trippi e Remo Masini, Concetta Lombardo, Maria Rita Scibetta, Angela Tozzi, Marianna Minio, Chiara Collacchioni, Lisa Crinon
Scene e costumi di Marcello Ancillotti
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I simpatici riadattamenti del Cestello hanno anzitutto il pregio di essere rappresentati in una cornice assolutamente unica, nel cuore della Firenze più autentica e popolare, ma, ancor di più, possono vantare un pubblico di appassionati che riempiono la sala di un degno calore, capace di tener ben vivo lo spirito di questo piccolo gioiello incastonato nel quartiere di San Frediano.
In Speriamo che sia femmina ben si sposa la scenografia alle atmosfere domestiche delle campagne toscane, che anche gli interpreti hanno saputo richiamare con profonda naturalezza sulle scene, rievocando un clima antico e immutato che cattura, accompagnando piacevolmente lo spettatore lungo la narrazione della storia, in un intreccio di eventi di drammatica leggerezza monicelliana, attraverso un buon equilibrio dei dialoghi.
Protagonista assoluta la famiglia, le sue generazioni e contraddizioni che vedono i più piccoli rassomigliarsi, per ironia della sorte, ai più anziani e gli adulti più incerti e disorientati dei giovani incoscienti, in una lotta incessante, animata da confronti e incomprensioni, rapporti che si aprono, si chiudono, frantumano e si ricompongono, per un amore-odio totalizzante che rende, fino alla conclusione della vicenda, un vecchio casolare, l’ombelico del mondo.
Ines Arsì