“Gl’innamorati” è forse l’opera più divertente e folle di tutta l’attività teatrale scritta da Carlo Goldoni. Pur essendoci all’interno tutte le maschere ereditate dalla Commedia dell’Arte, ha in sé un senso di modernità, sia nella scrittura che nella qualità dei personaggi. Uomini e donne che si alternano a mascherette, falsità e realtà che fanno lo stesso movimento.
Quello del gioco. Il tutto accompagnato da quell’amore di cui noi spesso abbiamo bisogno. Un amore folle, un amore matto che fa ammattire tutti quelli che stanno intorno. Questa dinamica ci è sembrata fin da subito il fulcro intorno alla quale dovesse girare la nostra giostra; è talmente assurdo e imprevedibile quello che succede, il cambiamento d’umore dei personaggi che non si ha il tempo di rilassarsi e riappacificarsi, che immediatamente i due protagonisti ci portano da un’altra parte creando dei meccanismi comici e incredibili. Ma questa è follia pura. Meravigliosa e spiazzante.
Sì, perché i nostri innamorati all’amore ci sanno solo giocare. Saltellano con leggerezza tra follie, ansie, paure e sospiri senza curarsi di quando cadranno. Tra di loro si parlano, ma non si capiscono, a volte nemmeno si vedono, stupendosi di ritrovarsi l’uno addosso all’altro. Quando accade passano da uno schiaffo a un bacio senza alcun ritegno.
Gli innamorati volteggiano scomposti tra tenerezze e rabbia con una grazia pericolosa che racconta tutta la tempesta che hanno nel cuore. Se tutti cantano, gli innamorati cantano due volte; cantano canzoni che fanno innamorare, che aprono i cuori, li spalancano rendendoli più delicati. Loro cantano per spingere lontano la paura di perdersi.
La tensione è costante, in un gioco veloce, virtuoso, indiavolato, ebbro di capricci, che definisce l’incostanza di una relazione appassionata. La parola si mischia alla canzone. Il comico al drammatico. Ed è per questo che il mondo del Musicarello ci è venuto subito incontro, perché tutti abbiamo bisogno di cantare quando proviamo emozioni e allo stesso tempo, spesso, non riusciamo a tenere gli occhi aperti mentre lo facciamo perché farlo ci spalanca il cuore e ci fa sentire felici, ma allo stesso tempo fragili e vulnerabili.