C’è un’intima generosità nella volontà di Edoardo Leo, dal quale la narrazione non può prescindere. Se è vero, come è vero, che il desiderio di raccontare storie nacque con l’uomo, vale la pena ricordare la serata al Teatro Romano di Fiesole come un grande racconto intorno al fuoco. Edoardo Leo porta in scena l’ebrezza – non altrimenti sembrerebbe corretto chiamarla – della parola e del ricordo. Vivere la vita, come scrisse Gabo, al secolo Gabriel García Márquez, per ricordarla e raccontarla. Già, che lo scarto tra ciò che si vive e ciò che si racconta è ampio, infiniti i frammenti che vi si innestano. Cambiano le espressioni, le sensazioni, passa il tempo: l’uomo dà sfogo alla fantasia, imbroglia candidamente, come fosse in un sogno. Ogni uomo, dunque, è attore: quando racconta una storia, quando si muove in equilibrio sul filo di un aneddoto, quando affida la parte più recondita di sé a una freddura. Eppure Edoardo Leo – accompagnato alla chitarra da Jonis Bascir, dotato di una voce meravigliosa e di un tocco preciso, puntale – ricorda come, anche nella narrazione, sia necessario un talento sconfinato: ecco le pause, i lunghi silenzi, il cipiglio severo; niente, in definitiva, è scontato.
Tra Marquez e Baricco, tra storie di uomini e donne comuni, raccolte dallo stesso Leo nel corso del tempo, lo spettacolo scivola via leggero, in bilico tra risata e commozione. È una serata che il Paese meritava, stretto com’è stato nella morsa della pandemia: è Edoardo Leo a dirlo, quando ne protrae la durata. Del resto, che si voglia o no, raccontare – saper raccontare – è un atto d’amore.
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Produzione Stefano Francioni Produzioni
Con Edoardo LeoImprovvisazioni musicali di Jonis Bascir Regia di Edoardo Leo