La critica letteraria dovrebbe assolvere all’importante funzione culturale e sociale di avvicinare ‘il lettore comune’ alla letteratura, alla conoscenza e all’approfondimento degli autori e delle loro opere. Per realizzare tale fine dovrebbe porsi il problema del linguaggio, ovvero del come comunicare senza formule esoteriche e criptiche – che andrebbero riservate agli addetti ai lavori – e senza nel contempo rinunciare al rigore delle analisi, i contenuti delle sue interpretazioni in modo quindi accessibile al nostro ‘lettore comune’. Inoltre non dovrebbe pretendere di presentarsi come una scienza basata su assiomi assoluti: quando questo è successo, in qualsiasi epoca, si sono cristallizzate scuole di pensiero che spesso hanno prodotto esiti parziali e di parte. Dovrebbe ancora porsi il problema del metodo, ovvero quali strumenti utilizzare e da quali visuali interpretare l’opera letteraria. Sono esistite e sussistono tante posizioni a proposito: la critica idealistica; la critica positivistica e il metodo storico; la critica marxista; la critica formalista, linguistico-stilistica, filologica e ecdotica, ermeneutica, archetipica o simbolica, sociologica, psicoanalitica, semiologica… Ciò a partire dai ‘mostri sacri’ della nostra moderna critica letteraria – De Sanctis e Croce – fino ad Umberto Eco.