venerdì, Marzo 29, 2024

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“Tosca” inaugura la stagione 2022 del Teatro Comunale di Bologna

Recensione di Erika Di Bennardo

Un caposaldo del teatro musicale italiano, dopo l’anteprima sinfonica della nuova Direttrice Oksana Lyniv, apre la nuova stagione del Teatro Comunale di Bologna. Tosca di Giacomo Puccini, libretto di Giuseppe Giacosa e Luigi Illica, nel nuovo allestimento del regista, scenografo e costumista Hugo De Ana, avvezzo da tempo al capolavoro pucciniano. Così come Daniel Oren, che dirige l’opera da oltre quarant’anni. 

Durante la violenta restaurazione successiva alla caduta della repubblica romana, la storia d’amore e morte dalle tinte noir. Narrativamente così come scenicamente, i colori scuri “troneggiano” in questo allestimento dominato solo da pochi, enormi e quasi claustrofobici elementi. Un braccio e una mano disposti in vario modo durante i tre atti, dipinti e oggetti simbolici. 

In una Roma grigia e corrotta, Tosca emerge come donna libera, dalla forte personalità. L’arte e il lavoro la rendono indipendente e coraggiosa, pronta a lottare con qualunque mezzo per difendere l’amore per il pittore Mario Cavaradossi. 

Una vicenda profondamente drammatica che però nasconde in sé una poetica leggerezza, la dolcezza di un amore musicato divinamente da Puccini. Sono soprattutto i passaggi narrativi più intensi fatti di sola, scarna musica, a donare intensità teatrale. Sia la direzione di Oren dell’Orchestra del Teatro Comunale, sia la regia di De Ana sottolineano questo elemento dell’opera, sancendo così i momenti più godibili. Un aspetto invece che non rende onore allo stile pucciniano è il mancato rispetto di quelle note cantate e perfettamente calcolate per sortire un certo effetto teatrale a favore di un parlato troppo spesso urlato che non rende giustizia all’impianto drammaturgico. 

Svetlana Kasyan è una Tosca convincente dal timbro gradevole e agile soprattutto nel registro acuto. Mikheil Sheshaberidze interpreta Mario Cavaradossi con grande professionismo, anche se non risulta totalmente convincente nell’interpretazione dell’omonimo addio alla vita “E lucevan le stelle”. Plausi meritatissimi infine per Dalibor Jenis nei panni del perfido Scarpia, forse il primo personaggio operistico completamente negativo. Il baritono slovacco troneggia nel ruolo con grande padronanza vocale e presenza scenica. 

                                                                                                                                                                

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