E all’insegna dell’omaggio a Luigi de Filippo scomparso il 31 marzo di quattro anni fa, il debutto al Parioli di Roma di Non è vero ma ci credo, una delle più celebri e divertenti commedie di Peppino de Filippo portata in scena da Leo Muscato, che ha ereditato la direzione artistica della storica compagnia.
Gli applausi calorosi del pubblico accompagnano alla fine dello spettacolo un breve filmato e una galleria di immagini con il ricordo commosso e sentito di Luigi De Filippo che aveva rilanciato proprio il Parioli assumendosene la direzione artistica.
Ma il vero omaggio sta proprio nello spettacolo, uno dei testi classici della commedia napoletana, che Muscato porta in scena affidando il ruolo del protagonista Gervasio Savastano a Enzo De Caro, popolare e amato volto televisivo.
Personaggio erede della commedia dell’arte, Gervasio è ossessionato dal denaro e dalla riuscita dei suoi affari che cerca di preservare in ogni modo. Schiavo consapevole della superstizione cerca di tenere lontano la sfortuna in affidandosi a una serie di risibili gestualità, di spergiuri e regole per proteggere la sua famiglia e la sua ricchezza tanto da sfiorare il ridicolo e rischiare di compromettere i suoi rapporti personali.
De Caro aderisce perfettamente al suo personaggio in qualche modo molièriano che ricorda tanto Arpagone, l’avaro: gli aderisce fisicamente e non solo, con una serie di riusciti ammiccamenti, incertezze, dubbi, ma anche nelle sue granitiche certezze sulla potenza della superstizione che lo rendono ridicolo e vittima di sé stesso collocandolo al centro di una serie di peripezie. Una bella prova d’attore per De Caro che centra il fulcro del personaggio e fa comicamente breccia nel cuore del pubblico.
Intorno a De Caro la sempre ottima compagnia di Luigi De Filippo, composta da Francesca Ciardiello, Carlo Di Maio, Roberto Fiorentino, Massimo Pagano, Gina Perna, Giorgio Pinto, Ciro Ruoppo, Fabiana Russo, Ingrid Sansone, impegnati nel disegnare personaggi che gravitano intorno al personaggio principale travalicando il rischio di scivolare nelle macchiette. Le scene di Luigi Ferrigno richiamano gli interni borghesi con un quid di nostalgico anni Ottanta e di surreale con morbide nuvole che troneggiano sulla parte superiore delle scene, comico simbolo della superstizione che incombe su Gervasio. Nonostante la commedia non presenti la profondità intrinseca dei lavori di Eduardo, resta un lavoro estremamente attuale e divertente che Muscato mette in scena con intelligenza, regalando un buon ritmo in novanta minuti serrati di recitazione. Un testo messo in scena all’insegna della tradizione e del rispetto dei personaggi, ma anche dell’innovazione a cominciare dallo spostamento dell’ambientazione nella Napoli degli Anni Ottanta rispetto agli anni Cinquanta che ospitavano la versione di Luigi De Filippo.
Il risultato è estremamente gradevole con un effetto nostalgico e retrò che ben si lega ai miti della Napoli anni Ottanta, evocati nelle magliette del Napoli calcio e di Maradona, nel trucco delle donne o nelle acconciature, negli attenti costumi realizzati da Chicca Ruocco. Senza dimenticare neppure un accessorio anni Ottanta, vale a dire le buffissime lenti scure attaccate e perennemente alzate sugli occhiali da vista che Gervasio Savastano indossa per tutta la commedia, simbolo della sua ottusità e delle sue sciocche convinzioni tanto che li toglierà solo alla fine dello spettacolo rimuovendo fisicamente la superstizione che lo ha perseguitato per tutta la vita.
In scena fino 10 aprile a Roma. Info e dettagli su www.ilparioli.it.
Fabiana Raponi