Il Festival Rossini in Wildbad
Successo caloroso per Armida ed Ermione
Dopo due anni di purgatorio il festival “Rossini in Wildbad” torna in piena attività e la Selva Nera di nuovo ci riserva gradevoli esperienze musicali. La rassegna di Bad Wildbad ha il merito di continuare a presentare titoli rossiniani che solo di rado compaiono nei cartelloni; in occasione dell’apertura dell’edizione 2022 del Festival abbiamo assistito ad “Armida” ed “Ermione”, due opere trascurate per lunghi decenni.
Armida debuttò nel 1817 al Teatro San Carlo di Napoli per poi sparire quasi subito dai
palcoscenici, anche per le difficoltà esecutive che il dramma per musica tuttora presenta. Il
secondo atto dell’opera contiene infatti un balletto e la distribuzione delle voci richiede ben sei tenori sei (!), ovviamente non sempre facili da reperire. Un'altra particolarità è la presenza nello spartito di tre duetti d’amore, un numero che non ricorre spesso nelle opere rossiniane. Dopo essere caduta nel dimenticatoio, Armida riapparve nel 1952 al Maggio Musicale Fiorentino con la Callas nei panni della protagonista. Sono seguite altre rappresentazioni ma l’opera non è comunque entrata stabilmente nei programmi lirici , anche se lo spartito di Armida può essere tranquillamente posto fra le vette più alte del teatro rossiniano. Il libretto di Giovanni Schmidt si ispira a La Gerusalemme Liberata del Tasso. Armida è una principessa saracena che trama per distruggere l’esercito crociato. Rinaldo, il capo dei guerrieri cristiani, in una disputa uccide Gernando, un altro paladino e deve essere imprigionato per il suo grave atto. Armida, innamorata di Rinaldo, usa i suoi poteri magici per proteggerlo e fugge con lui. Nel secondo atto Armida e Rinaldo vivono sull’isola incantata della maga, in realtà un luogo di orrore che lei trasforma con la sua arti in un magnifico palazzo. Qui lei e Rinaldo trascorrono una vita di piaceri amorosi, rappresentata nell’pera da un gran balletto di Ninfe e Amorini, e nel paladino si estingue ogni ardore guerriero. Nel terzo atto due guerrieri cristiani arrivano sull’isola in cerca del loro campione, gli mostrano lo stato di depravazione in cui è ridotto e lo convincono a tornare in guerra. Armida, abbandonata dall’amato, invoca vendetta, distrugge il
palazzo magico e viene portata dai demoni all’ nseguimento di Rinaldo. Il Dramma per Musica viene eseguita in forma di concerto nella giornata di inaugurazionedel Festival di Bad Wildbad. Armida,il terzo ruolo scritto da Rossini per la grande Isabella Colbran, dopo Elisabetta di Inghilterra e Desdemona, è l’unica donna dell’opera. Il soprano spagnolo Ruth Iniesta -che sarà Liù ad Agosto in Arena- si destreggia bene in un ruolo vocalmente faticoso, che richiede voce grande, agilità da eseguire con precisione, e tanta stamina, visto che l’attenzione drammaturgica è quasi sempre su di lei. Solitamente le parti dei sei tenori sono distribuite fra pochi cantanti che assolvono più ruoli, anche perché alcuni di essi appaiono solo nel primo atto e altri nel terzo. Il Festival di Bad Wildbad invece schiera sei cantanti diversi. Una vera festa del tenore. Moisés Marin restituisce gli accenti virili di Goffredo con voce potente e solida come il personaggio che interpreta e impressiona la platea con prova di eccellente stile belcantìstico. Michele Angelini fa leva su grandi mezzi vocali e canta Rinaldo con una prova tutta di forza, che viene festeggiata calorosamente dalla platea. Patrick Kabongo, già apprezzato in edizioni passate del Festival, disegna con espressività i tormenti del crociato Gernando. Bene anche i comprimari a cominciare dall’intrigante Idraote portato in scena dal basso-baritono Jusung Gabriel Park.
Sempre potenti e precisi gli interventi del Coro Filarmonico di Cracovia (Philharmonischer Chor Krakau); demoniache le Furie cantate dalle voci maschili, eleganti le Ninfe interpretate da quelle femminili. Del balletto del secondo atto c’è ovviamente solo la musica, una parentesi strumentale che ci fa apprezzare ancor più il suono della Orchestra Filarmonica di Cracovia (Philharmonisches Orchester Krakau) diretta da José Miguel Pérez-Sierra. Le evoluzioni delle Ninfe e degli Amorini sono poi raccontate dai soprattitoli e sta alla nostra immaginazione dargli forma compiuta, aiutati dal lussureggiante paesaggio musicale dipinto dall’orchestra. Un unico appunto: a tratti i volumi sonori sono un po’ troppo grandi per le dimensioni della sala, anche contando che l’orchestra è attaccata alla platea, soprattutto nel primo atto. Sala piena e applausi finali molto fragorosi per tutti.
I soggetti delle opere di Rossini sono molto variegati: la seconda sera si cambia argomento con la prima di Ermione. Dai paladini e dalle incantatrici della sera precedente si passa alla materia epica classica. Ermione è un sequel della guerra di Troia e racconta le dolorose vicende di Andromaca, la sposa dell’eroe Ettore, portata come schiava a Buthrote da Pirro, il figlio di Achille. Il libretto di Andrea Leone Tottola, tratto dalla tragedia Andromaque di Racine, è un gorgo mortale di amori non corrisposti che innescano passioni violente, fino al tragico finale. Pirro brama Andromaca, Ermione desidera Pirro, Oreste ama Ermione. Ma nessuno viene ricambiato. Ermione è forse l’opera più tetra di Rossini. La materia così tragica fu uno dei motivi dell’insuccesso dell’opera che andò in scena solo sette volte nel 1819 e poi scomparve dai palcoscenici. La prima ripresa fu al Rossini Opera Festival di Pesaro nel 1987. La materia epica del libretto è animata dallo spartito rossiniano che cesella i passaggi più violenti e accorati come quelli più distesi (non molti in verità). La Philharmonisches Orchester Krakau suona ispirata, brillantemente diretta dal maestro Antonino Fogliani. I volumi suonano meno enfatici della sera precedente e lo spettacolo ne beneficia. Ottimo al solito il coro che, con il suo suono omogeneo e potente, assolve una ruolo fondamentale in Ermione. Il regista Jochen Schönleber, che cura anche la scena, prepara un spettacolo di grandi blocchi bianchi. Solidi regolari che sono a volte passerelle, a volte nascondigli, a volte colonne. Prima della ouverture si ode il lamento di Andromaca che piange la sorte sua e dei profughi di Troia (composto dallo stesso regista), mentre scorrono immagini di guerra e devastazione. I costumi senza tempo di Cennet Aydogan contribuiscono al senso della recita, così come le luci ben dosate di Michael Feichtmeier. Per il resto ci si affida alle voci e alla recitazione dei cantanti.
Serena Farnocchia restituisce, con voce solida e versatile, gli accenti tormentati e vendicativi della principessa spartana Ermione. Impressionante per forza espressiva nella grande scena del secondo atto. Moisés Marín padroneggia bene l'ostico ruolo di Pirro, un autocrate che segue solo le sue pulsioni, calpestando sentimenti altrui e ragioni politiche. Il tenore spagnolo sfoggia voce squillante e sempre sicura, senza mai andare sopra le righe, e recitazione assertiva da vero macho. Nel corso della serata svetta l’Andromaca di Aurora Faggioli. Il mezzosoprano mette in mostra timbro scuro, sfumature vocali bronzee e autorevolezza nel registro basso. Ci fa vivere appieno il suo essere dilaniata fra la necessità di salvare il figlio Astianatte e la fedeltà al defunto sposo. Anche in questa seconda serata Patrick Kabongo ci regala una performance di grande calore vocale ed espressivo e rimanda le pene dell’amante respinto e poi istigato al delitto con il suo tenore luminoso e ben proiettato. Vocalmente corretto il Pilade del tenore Chuang Wang e
autorevole il Fenicio di Jusung Gabriel Park. Anche in questa seconda serata i protagonisti sono festeggiati calorosamente dalla platea.
Gli amanti del belcanto che ogni anno si radunano nella Selva Nera e a cui ogni edizione del
festival regala occasioni musicali rare non possono che essere felici della ripresa in grande
spolvero della manifestazione di Bad Wildbad.