Quale fortuna far debuttare nel proprio teatro un’opera decantata da quasi duecento anni.
Nessuna riscoperta di fonti, nessuna ricerca fra carte e lettere.
Stupisce che un teatro come La Scala, con i propri secoli di storia, possa ancora avere qualche prima assoluta, che non sia ovviamente contemporanea, da proporre in cartellone. E invece il Fierrabras, opera ultima di Schubert, mai era stato rappresentato. Va anche detto che anzi le produzioni nel mondo si contano sulle dita di una mano (prima integrale 1988, Claudio Abbado al Wiener Festwochen, prima e unica rappresentazione italiana 1995 al Maggio Fiorentino, per citare le principali).
Come mai? Il motivo è tanto semplice quanto sconfortante. A fronte di una componente musicale di altissimo livello, il libretto (di cui è autore Josef Kupelwieser) e la drammaturgia sono modesti, arzigogolate le vicende amorose narrate e pallidi gli slanci eroici dei protagonisti. Esemplificative le due scene di battaglia viste esclusivamente attraverso gli occhi di Florinda in una appassionata ma poco epica telecronaca o il fatto che il protagonista dell’opera, Fierrabras, non compaia per larghi tratti del libretto.
Schubert da parte sua si impegnò il più possibile, producendo dei momenti di rara bellezza nel segno di una musica dalle discontinue vampate ed evocazioni liederistiche più di commento al momento scenico che in funzione dell’azione.
Questa produzione, che in precedenza ha toccato i teatri di Zurigo e Salisburgo, si caratterizza per una regia genericamente didascalica, che, ben lontana dal voler risolvere le incongruenze drammaturgiche le incornicia semplicemente in scenografie bianconere di stampo acquafortistico. Peter Stein (regia) e Ferdinand Wögerbauer (scene) scelgono posizioni statiche e recitazioni minimali dei protagonisti. Alcuni dubbi sull’esiguo numero di comparse nei momenti di concitato.
Eleganti i costumi di Anna Maria Heinreich (bianco-argentei per i paladini cattolici, neri per i Mori) e di grande valenza le scene della torre (secondo e terzo atto) che, grazie all’effetto luce di Joachim Barth, rivela, dall’originale facciata della fortificazione, l’interno della stanza di prigionia come uno zoom attraverso il muro.
Daniel Harding dirige l’orchestra onorando le raffinatezze sinfoniche e liederistiche, asciugandole e rileggendole come fossero un ultimo Mozart (le evocazioni del Ratto del Serraglio o della Clemenza di Tito erano evidenti). La scelta di attestarsi su dinamiche forti/mezzoforti e di prediligere le linee dei bassi non aiuta le voci, alcune volte, coperte dalla compagine orchestrale.
Di grande valore il cast dalla nutrita rappresentanza di interpreti di lingua tedesca, tra cui spiccano Anett Fritsch, Dorothea Röschmann, Bernard Richter e Markus Werba. Meno presente in scena il rimanente cast ma non per questo di minor livello.
Il coro, uno dei protagonisti dell’opera, preparato da Bruno Casoni, appare a ranghi ridotti, assolvendo comunque bene il compito anche se talvolta sembra mancare di affiatamento con il gesto del direttore.
Applausi conclusivi a sancire la pace fra religioni ed etnie e a coronamento delle storie d’amore dei protagonisti in scena. Un messaggio di speranza che nonostante i duecento anni di decantazione che ci separano, rimane estremamente attuale anche per il nostro presente.
———
Martedì 19 giugno, Teatro alla Scala, Milano
Fierrabras
Opera eroico-romantica in tre atti
Libretto | Josef Kupelwieser
Musica | Franz Schubert
Direttore | Daniel Harding
Regia | Peter Stein
Scene | Ferdinand Wögerbauer
Costumi | Anna Maria Heinreich
Luci | Joachim Barth
***
CORO e ORCHESTRA DEL TEATRO ALLA SCALA
Maestro del Coro | Bruno Casoni
***
Personaggi ed interpreti principali
Emma |Anett Fritsch
Florinda |Dorothea Röschmann
Maragond |Marie-Claude Chappuis
Fierrabras |Bernard Richter
König Karl |Sebastian Pilgrim
Roland |Markus Werba
Eginhard |Peter Sonn
Boland |Lauri Vasar
Ogier |Martin Piskorski
Brutamonte |Gustavo Castillo