“Non si uccidono così anche i cavalli?” da Horace MacCoy

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Dopo il grande successo del film diretto da Sydney Pollack, adattare per il teatro (Giorgio Mariuzzo) e mettere in scena questo progetto corale composto da 22 performer e un quartetto di musicisti è stata una prova di coraggio e consapevolezza dei propri mezzi. D’altronde “Audentes fortuna juvat” diceva Virgilio.

Durante la grande depressione in una località qualsiasi dell’America, si svolge una maratona di danza dov’è in palio un premio di millecinquecento dollari che verrà assegnato alla coppia, che dopo estenuanti giornate di ballo, sarà l’unica a tenersi in piedi. Un branco di disperati senza lavoro affronta questa kermesse, sagra claustrofobica, disumana fino all’angoscia, con la speranza di farsi notare da qualche produttore cinematografico o teatrale. “Un vero e proprio gioco al massacro, che porta i concorrenti a sfidare i propri limiti fisici e psicologici fino all’ esaurimento, al punto da continuare in uno stato di semi-coscienza, sostenendosi l’uno al corpo dell’altro, senza riuscire a riposare davvero durante le brevi pause in uno squallido dormitorio, mentre i pasti venivano consumati direttamente sulla pista da ballo”. La tensione e la frustrazione mina la dignità dei partecipanti, il rispetto dell’altro (visto solo come concorrente) scade al punto che nemmeno la morte li coinvolge emotivamente. Una vera guerra fra poveri senza esclusione di colpi. La storia che si racconta è la grande metafora amara dell’egoismo, cinismo e arrivismo dell’uomo (ieri come oggi) aggravato dal bisogno. La commedia, infatti, è la mostruosa anticipazione dei nostri talent show, le isole dei famosi (parola sprecata), i grandi fratelli e il mangiafuoco di turno, il grande imbonitore è il mantra televisivo. Ma piuttosto che la fame (i soldi), è la fama, è la sfrenata voglia di apparire, di essere riconosciuto la molla psicologica che spinge i partecipanti a esibirsi “a prescindere” da eventuali vincoli culturali intesi come coacervo di etica e moralità.

La coreografia è curata da Michela Lucenti che riesce ad amalgamare i ballerini/attori del suo Balletto Civile con gli attori del Teatro Due in drammatiche danze collettive e di coppia. Lei, Michela si fa ammirare come ballerina, attrice e cantante. Davvero straordinaria. Bravissimi tutti i partecipanti (Roberto Abbati, Alessandro Averone, Maurizio Camilli, Andrea Capaldi, Cristina Cattellani, Ambra Chiarello, LauraCleri, Paola De Crescenzo, Yuri Ferrero, Massimiliano Frascà, Francesco Gabrielli, Luchino Giordana, Michela Lucenti, Luca Nucera, Massimiliano Sbarsi, Emanuela Serra, Caterina Simonelli, Giulia Spattini, Chiara Taviani, Nanni Tormen, Marcello Vazzoler, Chantal Viola).Tutti eccellono nelle posture, nella gestualità e nell’interpretazione dei rispettivi personaggi. Ottimo Alessandro Averone nella veste del cinico presentatore e padre padrone della kermesse. Belle le canzoni d’epoca suonate dai bravi musicisti del quartetto (Gianluca Pezzino, Paolo Panigari, Francesca Li Causi, Gabriele Anversa) e cantate con professionalità e ironia da Carlo Massari. Belli i costumi di Marzia Paparini, funzionale il servizio luci di Luca Bronzo.

Merito del regista Gigi Dall’Aglio e di Michela Lucenti se la macchina scenica ha girato complessivamente bene. Spettacolo divertente che coinvolge gli spettatori anche se emerge solo in superficie l’aspetto emozionale.