Di Cristina Comencini
Personaggi e interpreti:
Lucia: Angela Finocchiaro
Maria: Maria Amelia Monti
Luca: Stefano Annoni
Regia: Cristina Comencini
Scene: Paola Comencini
Costumi: Cristiana Ricceri
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«Nessuno è di fronte alle donne più arrogante, aggressivo e sdegnoso dell’uomo malsicuro della propria virilità» ha scritto Simone de Beauvoir ne Il secondo sesso. E’ questo il ritratto impietoso del maschio che Cristina Comencini delinea ne La scena, brillante atto unico con Angela Finocchiaro, Maria Amelia Monti e Stefano Annoni, attualmente in tournée nei teatri italiani.
Lucia, attrice d’estrazione borghese, abbandonata dal marito, è la Venere Urania, razionale, romantica e idealista. Maria, affermata dirigente bancaria, tradita e separata con due figli, è la Venere Pandemia, spasmodicamente alla ricerca di continue avventure erotiche, mezzi con cui ritiene di poter trovare il compagno adatto. Sono amiche di lunga data, accomunate dalla convinzione che il sesso maschile abbia perso, nei confronti di quello femminile, il ruolo dominante. Tra di loro fa da contraddittorio Luca, giovinetto adescato dall’alticcia Maria a una festa la sera precedente. Cresciuto nella gabbia di una genitrice autoritaria e risentito per la separazione coniugale da lui attribuita in toto al padre, cerca inutilmente di atteggiarsi a uomo vissuto ma il confronto con le due signore tirerà fuori una rabbia repressa, frutto di un substrato psichico acerbo per diventare adulto.
L’attrazione fisica e mentale di Luca verso femmine più agèes non solo possiede un antico sapore di topos letterario, basti pensare alle vicende di Chéri, di Pinocchio o di Danceny, ma rispecchia anche quella fisiologica fase dello sviluppo, durevole per anni se irrisolta, in cui inevitabile è la proiezione del desiderio su soggetti più maturi, siano essi le madri, le sorelle, le zie o le maestre. In un gioco metateatrale tra finzione e realtà, regolato dalla profonda conoscenza tra le bosom buddies che permette loro di recitare l’una la parte dell’altra, si cerca, ridendo di gusto ma anche riflettendo, la conciliazione tra i sessi. Questa, però, alla fine risulta impossibile, nella lucida consapevolezza che, malgrado le maschere e le scene sempre “da rifare” interpretate sul palco della vita, meglio è accettare ciò che si è e ciò che si ha.
La regia di Cristina Comencini e la scenografia della sorella Paola sono essenziali, volendo dare spazio al cast che annovera due grandi nomi di sicuro richiamo. Mentre Angela Finocchiaro punta sulla gestualità comica, lanciandosi in una serie di smorfie e sberleffi, Maria Amelia Monti fa del linguaggio e della voce la sua arma tagliente. Stefano Annoni, dal fisico prestante, convince come giovane tormentato e confuso, ma non ha ancora raggiunto naturalezza e scioltezza nella recitazione. I costumi di Cristiana Ricceri bene evidenziano i diversi caratteri dei personaggi: Lucia è castamente vestita dalla testa ai piedi, Maria porta solo una sottoveste e Luca rimane per tutto il tempo in mutande, a significare come, all’occhio muliebre, l’uomo appaia nudo, nella più totale agrezza e inesperienza esistenziale.
Applausi da parte del folto pubblico entusiasta.