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“Figli di un Dio minore”. La lingua dei segni

Foto di Studio Azais
Foto di Studio Azais

Progetto coraggioso che il regista Marco Mattolini ha accarezzato a lungo prima di riuscire a portarlo sulle scene nel debutto al Festival di Borgio Varezzi e che farà una piccola tournée perché solo i teatri di Roma, Bologna, Trieste e Gorizia sono stati disposti a correre il rischio di metterlo in cartellone. Speriamo che molti si ricredano, perché si tratta di uno spettacolo emozionante e godibile per tutti.

Il testo teatrale di Mark Medoff scritto nel 1978, è stato messo in scena negli Usa nel 1980 e ospitato al Festival dei Due Mondi di Spoleto. La trasposizione cinematografica del 1986 con William Hurt ha ottenuto cinque nomination agli Oscar e ha fatto conquistare l’Oscar e il Golden Globe all’interprete femminile Marlee Matlin.

La trama è nota. In un istituto per sordi il giovane insegnante di logopedia James Leeds ha un approccio didattico poco convenzionale e per questo viene redarguito spesso dal direttore. Quando conosce Sarah, bella e intelligente, tenta con ogni mezzo di penetrare nel mondo di silenzio nel quale lei vuole ostinatamente restare chiusa avendo deciso di continuare a vivere presso la scuola con le modeste mansioni di cameriera, pur di non affrontare le insidie del mondo esterno e non tornare a vivere con la madre, che la considera colpevole della separazione dal marito.

L’interesse dell’insegnante, oltre all’ostilità del direttore, suscita la diffidenza di altri due allievi: Orin, che indossa una maglietta con la scritta “Deaf Power”, teme che Sarah possa essere distolta dal sostenere la causa della parità di diritti, e Lydia è gelosa perché infatuata del docente. I mondi di Sarah e James, nonostante tutto, si compenetrano e i due si innamorano e si sposano. Non tutto è risolto, però, adesso bisogna imparare a entrare nel cuore dell’altro e ad accettarsi senza preconcetti.

Il progetto è nato da un laboratorio dedicato a giovani interpreti, sordi o con l’udito danneggiato, attori udenti ed esperti della lingua dei segni e delle tematiche delle diverse abilità, orientato allo studio del testo e delle potenzialità espressive della lingua dei segni e della comunicazione orale. Tutte le fasi, dal laboratorio alla messa in scena, sono state concordate, supportate e realizzate in collaborazione con l’ISSR (Istituto Statale per Sordi di Roma) che ha messo a disposizione mediatori culturali e insegnanti di Lis, materiale didattico, ricerca degli attori non udenti, iniziative di promozione e divulgazione dello spettacolo presso le comunità di sordi nelle città dove verrà rappresentato.

La recitazione si svolge senza soluzione di continuità, con un ritmo sostenuto di parole e segni, e tutti sono sorprendentemente bravi. Giorgio Lupano è encomiabile nel prodigarsi a recitare il suo ruolo, tradurre in espressioni verbali il linguaggio dei segni della partner e muovere le mani con estrema agilità per comunicare con lei. Uno sforzo interpretativo che ha richiesto un laboratorio con attori sordi e mediatori culturali e oltre un anno di studio, che segna la sua carriera d’attore. Rita Mazza esprime anche con la mimica, oltre ai segni, la caparbietà di Sarah e la sua sofferenza interiore, che è anche quella di tante persone che ci vivono accanto e chiedono di riuscire a farci condividere il loro “silenzio pieno di suoni”. L’attrice ha potuto realizzare l’ambizione di recitare solo all’estero, in Francia e Germania.

Disinvolti Gianluca Teneggi che è il serio e responsabile Orin e Deborah Donadio nel ruolo dell’effervescente e sbarazzina Lydia, che accompagnano il linguaggio dei segni con espressioni verbali molto comprensibili.

Le scenografie di Andrea Stanisci con ombre cinesi e proiezioni, consentono un’agevole comprensione a tutti.

Alla fine, il pubblico integrato di udenti e sordi applaudono con le due modalità: battendo le mani o scuotendole in alto.

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